City Walk di un giorno (o due) al centro storico di Trapani

Ok, oggi come promesso post utile (speriamo) su Trapani.
Non si capisce perché ma questa città non è molto conosciuta e questa è la sua storia sfigata di sempre! Sarà perché quel VIP di Goethe non ne parla?
Vai sui blog e parlano sempre degli stessi 3 posti: Taormina, Siracusa e Palermo, dove finisce la Sicilia occidentale in pratica. Per carità , sono bellissime, ma che senso ha vedere tutti le stesse cose?

QUI vi scrivevo cosa mi piace di questa città invisibile e su questo post vi riporto una mini city walk da fare in un giorno a Trapani. Tempo addietro feci una serie di ricerche per una city walk per un altro blog e ho scoperto che al di là dei miei sentimentalismi questa città è davvero un piccolo gioiello e non lo dico solo io che son di parte ma me lo dicono tutti quelli che la vedono, sorpresi. Ci sarà un motivo, no?

Trapani vale bene una giornata o anche un weekend se volete far le cose con calma.

In realtà Trapani può essere anche una buona base dove dormire per poi visitare molti luoghi della Sicilia occidentale ma per oggi vi scrivo solo una passeggiata per immergervi nel centro storico di questa città piccola e carina, che da brava città siciliana vanta un po’ di Medioevo, tanto Barocco ma di quello che non fa male agli occhi e Liberty a sorpresa, nelle scale viste di nascosto e nei sopraporta di case anonime. Si sciala tra due mari e ti corrompe con gioielli di corallo e ricami e graffe ripiene di ricotta. Alè!

Questa passeggiata è lunga circa 5 km, si può fare a piedi o in bicicletta perché il centro storico di Trapani non è intasato di macchine e può durare mezza giornata o una giornata intera, dipende da quanto vi piace fare le lucertole al sole.

La facciamo iniziare dal porto di Trapani, dal B&B Belveliero, ad angolo tra Via Ammiraglio Staiti, dove si trovano tutte le principali fermate dell’autobus e l’imbarco degli aliscafi per le isole, e la Via San Cristoforo. Un buon punto strategico da cui arrivare/partire e un bel posto in cui svegliarsi la mattina con la vista sul mare 🙂

1. Scoprire Andrea della Robbia nella Chiesa di Santa Maria del Gesù

E’ una chiesa a tre navate, con il tetto a carena rovesciata e i colori del sale e della terra. Le colonne nude e la luce soffusa ne fanno una chiesa semplice e raccolta, giusto alcune travi contengono un pizzico di ricchezza nelle iscrizioni in madreperla (io sono cieca e non le vedo?).

L’unica nota di colore si trova in fondo alla navata destra ed è la Madonna degli Angeli di Andrea della Robbia, il più famoso ceramista toscano del ‘400, diffusore della terracotta invetriata policroma. Le sue opere sono sparse in molte chiese e palazzi della Toscana e dell’Umbria ma a quanto pare questa Madonna è una delle sue opere più belle.

2. Le contraddizioni di Piazzetta Saturno

A prima vista può sembrare una normale piazza, in realtà è uno strano miscuglio di sacro e profano.

A sinistra c’è una delle chiese più antiche di Trapani, la chiesa di Sant’Agostino, una vera araba Fenice. Nata nel 1101 come cappella dei Cavalieri Templari, fu ampliata, modificata, chiusa, aperta, distrutta, ricostruita. Di originale ha solo la facciata a capanna e il rosone in stile chiaramontano.

A lato della chiesa c’è la fontana di Saturno, che in età pagana era la divinità protettrice di Trapani. Fu un regalo alla città da parte della famiglia Chiaramonte, molto potente e influente nel ‘400. I loro membri assunsero cariche ovunque in Sicilia e di conseguenza l’isola è piena di castelli in stile “chiaramontano”.

Ma c’è un terzo elemento nella piazza che di chiaramontano non ha niente. Ci sono palazzi con negozi d’abbigliamento molto lussuosi e dei balconi strani. Le ringhiere hanno una forma…inusuale, sopratutto se pensiamo di essere di fronte ad una chiesa. Osservate bene e capirete che cosa c’era prima in quel palazzo!

3. Segui le stelle sulla Torre Oscura e troverai caramelle dal sapore vintage

Via Torrearsa e Corso Vittorio Emanuele sono due delle strade più belle per passeggiare oltre ad essere piene di negozi. Prima di continuare per il Corso date un’occhiata veloce all’orologio astronomico sulla Torre Oscura, subito dopo il Palazzo Senatorio con i due orologi sulla destra.

La Torre Oscura è l’unica rimasta delle quattro torri d’avvistamento costruite in epoca cartaginese (mica ieri) e ricostruita nel XIII secolo da Giacomo d’Aragona. Ospita la porta più antica della città e l’orologio astronomico, formato dal Quadrante del Sole e dal Lunario.

Se volete fare un acquisto grazioso e vintage passate sotto la porta, troverete un negozio colorato dove fanno ancora le caramelle a mano. Tocchetti di zucchero croccante al sapor di carruba, fragola o menta da far cariare i denti al sol pensiero. Si trova lì da decenni, mia nonna ci portava mia madre a comprare le caramelle alla carruba, tagliate sul ripiano di marmo e incartate ad una ad una. La tradizione continua, da entrambe le parti.

4. Godersi il passìo sulla Rua Grande

A questo punto potete proseguire per l’antica “Rua grande” della città, Corso Vittorio Emanuele. Questa strada, Via Torrearsa e Via Garibaldi sono considerate le tre grandi strade del “passìo”, del passeggio, di Trapani dal 1200.

Quando è assolata restituisce colori luminosi e brillanti che mettono di buon umore. Tanto bianco, giallo e pietra, teste scolpite di emeriti sconosciuti, riccioli di ferro battuto e gerani rosa. Di mattina è frequentata ma non caotica, si sente lo scalpiccio dei passi, le risate e i saluti dei vecchietti e dei negozianti che si incontrano ogni giorno, perché per fortuna è una strada chiusa al traffico.

Potete comunque scoprirla in bicicletta in allegria e sopratutto con calma, dopotutto siete in Sicilia, l’Isola della Gioia, quindi godetevela e scaldatevi al sole come lucertole felici (mi raccomando non ad agosto alle 11 del mattino).

5. Gli stucchi al Collegio dei Gesuiti

I soldi non faranno la felicità ma qualche sfizio te lo fanno levare, anche se sei gesuita. Il prospetto di questa chiesa si fa fotografare. Ai tempi costò parecchio ai Gesuiti che poterono permettersi tanto sfarzo grazie alle ingenti donazioni per il progetto educativo del loro collegio.

Anche l’interno è molto bello, decorato con grandi quadri di stucco bianco e oro e rappresentazioni bibliche. Li fece Bartolomeo Sanseverino, allievo di Giacomo Serpotta, lo scultore palermitano campione nell’arte dello stucco nel tempo in cui il pomposo barocco perdeva posizioni davanti al leggiadro rococò.

Il tripudio di fogliame, puttini e arabeschi in marmo incastrati a mosaico potrebbero risultare pesanti per le persone dai gusti semplici ma affascina ammirare la pazienza e la fantasia degli scultori seicentisti. Gente che si alzava la mattina per andare a scolpire un angioletto da incastrare tra altri 3000, che magari non si vede in questo casino ma metti che l’occhio cade proprio su quello? Che figura ci facciamo?

Faceva parte del grande complesso gesuitico anche il Liceo Classico Ximenes che vedete accanto. Se vi va potete entrare giusto per apprezzare il bel chiostro barocco interno.

6. Comprare i tesori ricavati dal sangue di Medusa

Nelle Metamorfosi Ovidio scrisse che il sangue di Medusa, decapitata da Perseo, pietrificò alcune alghe colorandole di rosso. Fu così che nacque il corallo.

La lavorazione del corallo è tipica dell’artigianato trapanese e una tradizione molto antica. Gioielli, presepi, boccali, piccoli scrigni incrostati, arazzi ricamati con perline sanguigne, non so chi potrebbe mettersi in casa qualcosa del genere, perché alcuni sono davvero opulenti. Tra Via Torrearsa e Corso Vittorio Emanuele sono molti i negozi che vendono oggetti in corallo, alcuni dal prezzo proibitivo, altri dall’aspetto barocco, ma altri ancora a prezzi contenuti e sopratutto in uno stile che non vi faccia sembrare una Madonna quindi se volete portarvi un ricordo particolare o fare un regalo più raffinato invece della solita calamita, perché no?

7. L’arte fiamminga alla Cattedrale di San Lorenzo

Fu edificata per volere del re Alfonso il Magnanimo nel 1421.
Da qui non potete vederle bene ma dalle terrazze del centro storico è facile riconoscere la cattedrale per via della cupola ricoperta da maioliche verdi che brillano al sole e i quattro cupolini ai lati.

Grazie alle finestre della grande cupola e alla sua altezza è una chiesa molto luminosa e chiara, dentro vi sono contenute diverse opere di importanti artisti fiamminghi come Van Dyck e Geronimo Gerardi.

Una bella occasione per vedere la cattedrale è la vigilia del 7 agosto, per Sant’Alberto, il patrono di Trapani. La statua di sant’Alberto viene portata su un carro trainato dai devoti in giro per il centro storico e poi si ferma qua dove si celebrano le messe in suo onore.

8. Vedere i Misteri nella Chiesa del Purgatorio

Costruita alla fine del 1600, il suo prospetto è una delle opere più belle dell’architetto trapanese Giovanni Biagio Amico, la cui biografia sembra scritta da Dickens.

Nato povero, entrò in questa chiesa da semplice sagrestano riuscendo poi, da autodidatta, ad assumere le competenze di architetto, ingegnere e teologo fino a ricoprire alte cariche ecclesiastiche e civili. Quando ne ebbe la possibilità Giovanni decise di abbellire quella chiesa dove trovò i mezzi per studiare e il risultato è questa facciata ricca ma non eccessiva, con i 12 apostoli presi da varie incombenze sparsi su tutto il prospetto svettante verso il cielo.

E’ anche la chiesa da cui il Venerdì santo escono i 20 gruppi scultorei dei Misteri che rappresentano la Passione di Cristo, in una processione molto suggestiva che dura fino al sabato successivo. Se non potete venire per il Venerdì Santo non fa niente, perché i Misteri vengono custoditi qui dentro per il resto dell’anno. In fin dei conti non è male vederli tutti poggiati così, nella silenziosa luce mattutina che diffonde tra le navate.

9. Guardare un concertino davanti una libreria Liberty

Andando più avanti, tra gli ombrelloni e i tavoli dei bar disseminati per la strada, troverete sulla sinistra una bella libreria, la Libreria del Corso, al numero 61, che si merita una foto perché ha una facciata Liberty che può passare inosservata dai più distratti e una bella sosta perché spesso organizzano piccoli concerti all’aperto di artisti locali, la mattina o il pomeriggio, e potreste essere fortunati e beccarne uno.

10. Prenotare il pranzo (o la cena) a base di carne ai Grilli

Anche nella città del pesce è possibile trovare della carne sopraffina. Al numero 69 troverete la braceria “I Grilli” e il suo proprietario Renato.

Vi sedete dentro ed è bello per il contrasto tra arredamento moderno e tufo antico, ti siedi fuori e ci sono i mascheroni del bel palazzo barocco accanto. Questa è una bella tappa per un pranzo a base di carne e per assaggiare i formaggi e salumi siciliani. Avete presente il salame di suino nero dei Nebrodi? O quello con il pistacchio? Vogliamo aprire la parentesi degli spiedini trapanesi?

C’è una carta dei vini ricchissima ma io vi dico che il Syrah in Sicilia ha trovato la sua terra e il Nero D’avola se non lo bevete qui dove potreste apprezzarlo come si deve? Se avete dei dubbi fatevi consigliare da Renato, un padrone di casa raffinato e gentile.

11. Rinfrescarsi con un succo di frutta da Elipao

Frullateria un po’ hipster un po’ bohemien per prendersi una pausa rinfrescante con un succo di vera frutta o un’insalata seduti sul marciapiede fresco davanti a un locale piccolo e tanto tanto carino 🙂

12. E se vieni a Trapani devi trovare spazio per il couscous di pesce e la pizza rianata

Io lo so che continuo a parlare di mangiare ma mi piace condividere quello che so e insomma, non dico che se vieni in Sicilia e non mangi che ci vieni a fare ma quasi 😀

Sono diversi i locali dove amiamo mangiare e che vi posso consigliare, quindi cominciate a prender nota.
Andate più avanti scendendo per il Corso, fino a Piazza Jolanda. Al numero 191 troverete il ristorante Antichi Sapori, i loro piatti forti sono tutti i primi e il cuscus a base di pesce, il piatto bandiera trapanese, con la zuppa di pesce o i calamari in porzioni pantagrueliche _ (ve ne parlo QUA)

Al numero 193 si trova invece la pizzeria Jolanda, una delle migliori del centro storico. Se proprio volete fare un’esperienza trapanese completa prendete la pizza rianata: aglio, pangrattato e acciughe e una bella birra ghiacciata.

13. Sentire la musica portata dal vento e sbirciare dentro un palazzo antico

In realtà questa passeggiata potrebbe iniziare anche da Via Sant’Anna, dopo aver fatto le colazioni con me al B&B Granveliero, al numero 41.

Pur essendo in pieno centro storico questa è una zona molto tranquilla ed è bello cominciare a spostarsi dalle strade principali a quelle più nascoste e silenziose. Chi fa jogging prende sempre da qui perché è una via tranquilla, si sentono solo i gabbiani e le onde del mare vicinissimo ma che potete sentire soltanto perché non c’è l’ingombrante presenza dei clacson. A volte si sentono i musicisti che vivono nei paraggi fare le prove e il vento porta il suono di una tromba.

Qui tutti lasciano le finestre aperte per far entrare la frescura e il silenzio e potrebbe capitarvi di sbirciare dentro il palazzo dove passo tutti i giorni di primavera, estate e autunno. Giovanni ha voluto mantenere il più possibile l’identità originaria di questa casa degli anni ’20, ha conservato tutti gli affreschi sui tetti e i pavimenti e le vasche in pietra. Anche se non alloggiate qua se passate a trovarmi mi fa piacere 🙂

14. Un portone misterioso

Andando qualche metro più avanti vi imbatterete in un misterioso portone barocco, quel che resta della piccola chiesa di Santa Lucia.

Non so cosa ci sia dentro e nemmeno lo voglio sapere, per non rovinarmi il ricamo di fantasia che ci faccio sopra ogni giorno. Le porte aprono sui mondi ed è bello immaginarsene uno diverso ogni volta.

Santa Lucia fu una martire siracusana a cui vennero cavati gli occhi e che viene festeggiata il 13 dicembre, giorno in cui non si mangia né pane né pasta per ricordare la carestia del 1646 terminata con l’arrivo provvidenziale di una nave carica di grano. Per un siciliano ricordare una carestia con il digiuno è inconcepibile quindi hanno convertito la ricorrenza ne “Il giorno in cui ci si sfonda di arancine” (che tanto son fatte di riso, quindi VALE)

A Trapani Santa Lucia era anche la protettrice dei pescatori di corallo. Il corallo non venduto sulle banchine del porto veniva ammassato nella chiesa di Santa Lucia e i compratori trapanesi e forestieri potevano scegliere e comprare tra le varie merci.

15. Un mare di complimenti al mercato del pesce

Appena varcato il cancello sarete assaltati dal vociare e le ragazze potranno sentirsi rivolgere un buffo “Mie belle signorine, comprate le mie sardine!” ed essere ammirate dagli sgombri, da gamberi e dalle seppie.

Potete arrivare al mercato del pesce anche girando a caso per le piccole viuzze, dove in estate non è inusuale imbattersi in gruppi di pescatori che riparano le loro reti, in fondo questa era ed è ancora la zona dei pescatori e degli armatori.

16. Il Castello cartaginese della Colombaia

A che siete in zona potete farvi una passeggiata nel silenzio del porto peschereccio e farvi frullare un po’ i capelli dal vento.

Tra le barche e il mare potrete vedere (e, se beccate una giornata del F.A.I, visitare) il Castello/fortezza della Colombaia, circondato dalla bassa marea. Secondo la leggenda fu costruito dagli uomini in fuga da Troia in fiamme nel XIII secolo a.C. ma in realtà è una fortificazione risalente alla prima guerra punica.

Si chiama così perché quando fu conquistata di Romani, l’isoletta divenne sede del culto di Venere e fu popolata dalle colombe sacre alla dea, che venivano anche usate per comunicare con la terraferma.

Fu una prigione fino al 1965 e poi venne abbandonata. Qualcuno ha il fegato di raggiungerla a colpi di remi su una barchetta, tanto l’acqua è bassissima.

17. Liberty in mezzo al mare

Esattamente dall’altra parte c’è il Villino Nasi, proprio in mezzo al mare, quindi non oso immaginare la disperazione di chi puliva i vetri delle finestre.

E’ una casa museo in stile Liberty visitabile, apparteneva a Nunzio Nasi, ministro trapanese del Regno d’Italia. Gli interni sono affrescati e gli arredi originali e il custode si offre volentieri di farvi da guida. L’ingresso è totalmente gratuito e si possono scattare foto.

La parte più bella è la terrazza naturale sul mare, che qui è ovunque ti giri. Il giardino non è molto curato ma ci sono tante panchine che resuscitano l’anima contemplativa ed è comunque un posto molto romantico.

18. Il Museo alla Torre di Ligny e un bagnetto all’improvviso

Un’antica torre costiera posta all’estremità occidentale della città, proprio tra il Mar Tirreno e il Mar Mediterraneo. Eretta nel 1671 per difendere la città dai corsari ottomani e nordafricani che imperversavano per queste coste,i tufi con cui fu costruita provengono dall’isola di Favignana, dove una volta c’erano numerose cave.

Dentro si trova un piccolo museo di preistoria e archeologia marina, visitabile al costo di 1 € . Ci sono elmi e anfore di epoca punica e romana (III° sec. a.C.) e diversi manufatti e utensili che ricordano la preistoria di Trapani.

La visita vale la pena sopratutto per la terrazza da cui potete ammirare tutta la città vecchia e sentirvi dei sovrani in mezzo al mare, la vista è davvero mozzafiato, in qualsiasi stagione. Ritrovarsi in un quadro blu, tutto blu, sopra, sotto, dietro, davanti è una sensazione che dà le vertigini e vorresti avere le ali per spiccare il volo.

Se volete trovare un posto dove sedervi per guardare il tramonto percorrete il perimetro della torre e godetevi il tripudio di rosa e arancioni.

Se poi ai lati della strada che porta verso la torre vedete gente che fa il bagno e vi viene improvvisamente voglia, ripercorrete la strada al contrario e girate alla prima traversa sulla sinistra. Scendete le scale, girate di nuovo e preparatevi il costume.

19. La granita da Liparoti

Una volta scese le scale potete invece girare a destra e seguire il mare. Arrivati quasi alle mura antiche fermatevi a prendere il gelato da Liparoti, il più buono della città. Il signor Liparoti si è classificato al 9° posto come miglior gelatiere d’Italia e a ragione. Ve ne parlo QUA.

20. Le Mura di Tramontana

Furono erette come fortificazione durante la dominazione spagnola del ‘500.
Qui la gente viene a correre, a passeggiare, a guardare le stelle. A volte, la sera, organizzano delle danze popolari e dei piccoli concerti che coinvolgono tutti i passanti.

Le mura di Tramontana sono lunghe circa un chilometro ma una passeggiata sotto le stelle da queste parti può durare un bel po’.

Sotto le mura c’è una piccola spiaggia facilmente raggiungibile e poco frequentata. Oltre ai pochi bagnanti potreste incontrare dei vecchietti seduti a un piccolo tavolo di legno scrostato messo all’ombra delle mura, intenti a giocare a carte o a parlare animatamente. Quel tavolo e quelle seggiole verranno probabilmente lasciate lì durante la notte e non stupitevi se il giorno dopo le ritroveranno. Qui lo capisci se le sedie sono state buttate via o se sono solo posate temporaneamente.

21. Comprare un giocattolino carino degli anni ’50

Sulle mura, a metà percorso vedrete una scalinata sulla destra. Se vi interessa l’antiquariato a prezzi accessibili scendete e troverete una botteguccia ad angolo che espone gli oggetti più disparati. Orci antichi, setacci, tanti giocattoli degli anni ’40 e ’50, una volta avevano pure una tuta da palombaro.

E’ facile da riconoscere per tutte le cianfrusaglie carine in bella mostra e per il gruppo di vecchietti seduti in cerchio lì davanti a parlare. Dopo una certa età non vanno più al mare.

Continuando invece sulle Mura, oltre la ex Piazza Mercato del pesce, ci sono diversi km di spiaggia libera e di lidi attrezzati se vi interessa.

22. La passeggiata nobile in via Garibaldi

Anche qui in passato si è tenuto un concorso tra i nobili della città per avere il palazzo più bello, sopratutto nel XVIII° secolo.

Il primo è il Palazzo Burgio dei Baroni di Xirinda (famiglia che tra gli antenati contava ascendenze arabo-normanne risalenti al 1100, gente che faceva le Crociate e un santo) dal portale gigante alle bifore di diverse dimensioni in stile un po’ moresco, questo edificio cinquecentesco è uno dei più belli della via.

Più avanti c’è il Palazzo del Barone Giardino, un pizzico di Andalusia in un tripudio di barocco siciliano. Infatti i balconi in pietra traforata e i delicati fiori sopra le finestre sono in stile mudéjar, lo stile arabo tipico di Siviglia.

Se invece non ne avete abbastanza di putti, festoni e seni al vento c’è il Palazzo Milo, sede di un piccolo museo della stampa tipografica ma sopratutto di un cortile interno molto carino. Ci sono gli uffici della Soprintendenza Beni Culturali ma se chiedete gentilmente di entrare per fare una foto al cortile non vi diranno di no.

23. La Cappella dei Crociati

A metà di Via Garibaldi c’è la Salita San Domenico, una scalinata che si arrampica sull’unica piccola collina cittadina che porta fino alla chiesa omonima. In epoca precristiana sorgeva in questo punto un tempio dedicato al dio Saturno, poi sostituito dalla Chiesa di san Domenico (ovviamente).

Fu per secoli cappella reale ed è la tomba di diversi re sconosciuti ai più. La più importante è però la piccola bara lignea alla destra dell’altare, dove si trova il corpo di Manfredi, il figlio di re Federico III d’Aragona morto a 12 anni cadendo da cavallo.

L’interno della chiesa non è niente di che, è molto semplice ma dentro vi è custodito un crocifisso ligneo abbastanza brutto e famoso perché ritenuto miracoloso (ovviamente 2).

Tutta colpa di un bambino di nome Rocco. Durante la carestia Rocco chiese del pane alla madre, la quale, non avendo nulla da offrirgli, gli suggerì ironicamente di chiedere il pane a quell’uomo sulla croce dentro la chiesa di San Domenico. Rocco, fidandosi della madre, così fece e…ricevette il pezzo di pane dalla statua! E altri giurarono e spergiurarono di aver visto il braccio della statua schiodato dalla croce.

Non so se il miracolo fosse vero o se Rocco fosse un bambino birichino nonostante la fame ma so che a sinistra del crocifisso c’è una una porticina che porta dietro l’abside e fa scoprire una ben più interessante cappella trecentesca ancora parzialmente affrescata, la Cappella dei Crociati. Se non riuscite a trovarla chiedete ai custodi, saranno lieti di condurvici.

La piazza di fronte la Chiesa è anche uno dei luoghi d’incontro della movida trapanese di sera.

24. Chi cerca i krapfen trova le graffe

Pensando a Rocco e alle carestie comincerete ad avere di nuovo fame, quindi direi di andare in Via Gatti, alla pasticceria Rinascente (che sembra uscita da un film degli anni ’50 tanto è vintage) e di mangiarvi una graffa appena fatta.

Chiamasi graffa una frittella tonda e gigante tagliata in due e riempita di morbida ricotta zuccherata puntellata di gocce al cioccolato. Se non volete appesantirvi troppo prima di pranzo o di cena potete dividerne una in due ma sono così buone che poi dovreste dividerne un’altra.

25. Musica dal barone Todaro y Osorio

Palazzo Todaro si trova in Via San Francesco di Paola numero 5 ed è la sede dell’Ente Luglio Musicale Trapanese.

Venne fatto costruire da don Benedetto Todaro y Osorio, un barone spagnolo venuto in Sicilia nel XVII secolo. Lo riconoscerete per il gran portone nero ricamato e i balconi dalle balaustre ciccione. Se trovate il portone aperto entrate tranquillamente e salite la scalinata. Ci sono solo tre stanze aperte al pubblico ma è pur sempre un’occasione per visitare un’antica dimora nobiliare trapanese con gli arredi ancora originali e i tetti affrescati.

Come vi dicevo è la sede di un’associazione culturale che si occupa di musica e teatro che ogni estate presenta un programma di opere liriche niente male, rappresentate alla Villa Margherita, un parco a poche centinaia di metri da qui. Se siete degli appassionati melomani e venite a luglio andare a sentire Verdi tra gli alberi e la leggera calura estiva potrebbe essere un’esperienza molto piacevole.

26. La Giudecca

Tappa velocissima che viene di passaggio perché tanto il palazzo Ciambra, alla Giudecca, costruito da una famiglia di banchieri ebrei alla fine del ‘300 è tuttora un’abitazione privata. Potete comunque guardare il bugnato a punta di diamante e gli ornamenti in stile plateresco, uno stile architettonico spagnolo molto ornato e fatto a imitazione dei lavori di argenteria (in spagnolo “plata” appunto).

Del quartiere ebraico vi è rimasto solo questo anche se a Trapani risiedeva la seconda comunità ebraica più grande della Sicilia.

Si dice che quando gli ebrei arrivarono qui trovarono un popolo più tirchio di loro. Non so se sia vero ma i trapanesi per essere tirchi so’ tirchi.

27. Pranzo alla trattoria del Corso

Potete uscire dal quartiere ebraico e andare in Corso Italia, dritti dritti alla Trattoria del Corso del signor Puccio, mangiare gli spaghetti con gli anemoni di mare o provare le tipiche busiate, ovvero riccioloni di pasta fatti con un ferro sottile, con il pesto alla trapanese, rosso, aglioso e buonissimo (e vegan se vi interessa) accompagnare tutto con un vino Inzolia paglierino e finire con una crema di mascarpone e amaretti da sturbo!

Oddio, ma davvero ho finito questo post? 😀

Se vuoi darmi dei suggerimenti o chiedermi qualcosa sull’articolo, puoi scrivermi a :fioredinespula@gmail.com
Se vuoi dormire al Belveliero e iniziare la city walk da lì puoi scrivere a : bebilveliero@gmail.com .
Se preferisci il Granveliero per fare le colazioni con me scrivete a granveliero@gmail.com (aggiungi la parola d’ordine FIORE (avrai uno sconto) nella email! 😉 )

Trapani, la città invisibile

Io ogni mattina mi alzo e mi metto al pc, rispondo alle mail e regalo ore della mia vita a internet, tutta la mattina e tutto il pomeriggio ma giuro che è quasi sempre per lavoro. Oggi, mentre ero intenta nella mia attività marinara quotidiana e cercavo di seguire un qualcosa chiamato dieta (perché navigare su internet, non so voi, ma a me fa venire una fame allucinante) mi sono imbattuta in un articolo sugli itinerari da fare nella Sicilia Occidentale. La dieta stava andando benissimo e i nervi erano tranquilli fino alla frase “Trapani non è una città particolarmente attraente” e BUM l’autrice passa oltre lasciandomi il cuoricino in ansia.

E un inaspettato sapore di disappunto ( per intenderci, la reazione vera è stata “Iiiiiiihhhhh EComeOsiiiBloggerScostumataECattiverrima?!?!?!“)

In realtà, quando sono andata a vivere a Palermo e ho iniziato lì la mia vita adulta pure io snobbavo la mia città e facevo spallucce davanti ai turisti che mi dicevano “Ma che bella Trapani, non immaginavo, non ne parla mai nessuno sulle guide“, “Beh, i gusti son gusti” rispondevo dentro di me.

Poi non so, sarà perché ho conosciuto Giovanni, sarà che mi sono ormai stabilita qui, spero che non sia per la vecchiaia, ma a me questa città comincia a piacere. E’ molto difficile vedere il posto in cui hai vissuto sempre, quindi staccare la spina per un bel po’ ti aiuta a riscoprirlo, così come 11 anni di differenza nel cervello e nel cuore. Palermo è tosta, o ti piace o la detesti, tutto il pacchetto, la cultura e i palazzi decadenti, il teatro e la gente che urla. E’ una città proprio figa, a me piace da morire perché è bella, sporca e viva ma non è per chi è delicato di stomaco.

Giovanni una volta mi raccontò di un suo ospite che un giorno prese l’autobus per Palermo, arrivò, si guardò intorno, si spaventò e risalì per tornare a Trapani! :’D

Trapani è di una sicilianità più sfumata ma non per questo meno autentica, semmai meno traumatica, in bilico tra il torpore delle piccole isole e i ruggiti coloriti delle grandi città del sud Italia.

E’ una città luminosa, ve lo dirò diverse volte in questo post, il mare scintilla e le facciate del centro storico ti rimandano cento gialli e bianchi sporchi che ti fa venir voglia di rimanere al sole come una lucertola. Lo smeraldo delle cupole ricoperte di maioliche. Luminosa e tranquilla, senza essere esasperatamente sonnacchiosa.

Esci di casa e vedi gente per strada salutarsi con un sorriso, i vecchietti e i negozianti che si vedono ogni giorno ma hanno ogni giorno qualcosa da dirsi e se la dicono quietamente per la via, che tanto è zona pedonale e il traffico è lontano da qui, anche se è due traverse più in là.

Puoi attraversare il centro storico in bicicletta, dalla villa Margherita fino al mare, con il sole che ti scalda, scampanellando quando incontri qualcuno di tua conoscenza, senza troppa paura di morire ad ogni incrocio. A me piace troppo far trillare il campanello della bici senza essere travolta dai clacson, rimbomba per tutta la strada, DRIIIIINNNN! (vabbè questa è una cretinata mia)

Scendi dalle Mura di Tramontana e c’è il mare (e se hanno ripulito la spiaggia dalle alghe puoi anche fare il bagno. Di solito lo fanno verso Giugno).
Vai alla Torre di Ligny e c’è il mare e anche se non è estate è bello affacciarsi dalla ringhiera dietro la torre, hai solo mare e scogli sotto di te e ti vengono i brividi, non solo per le vertigini.
Vai al porto (e c’è il mare) e se c’è il sole vieni accecato da tanti puntolini luminosi che ti fanno venire una gran voglia di prendere una barchetta e filartela. Se è inverno, fa freddo e c’è vento, ti allunghi la sciarpa fino al naso, l’aria ti taglia gli occhi e ti senti Corto Maltese mentre guardi gli esercizi di immobilità in volo dei gabbiani. Chissà perché lo fanno. Stanno lì, sospesi, fermi, in equilibrio mentre fanno braccio di ferro con le correnti ventose, né troppo in basso né troppo in alto e il mare grigio sotto che ribolle.

Quando passeggi e ti infili a Porta Botteghelle ti può capitare di trovare un vecchio tavolo di legno incrostato di vernice e tre seggiole. Per carità! non le toccare, proprio come fanno gli altri. Qua si capisce se le sedie sono abbandonate o vengono messe da parte apposta per essere usate il giorno dopo. E’ quasi certo che non siano state buttate via e se le tocchi non ci fai certo una bella figura.

Tanto artigianato, antico o reinventato, riscoperto o mai dimenticato da custodi fedeli ormai diventati artisti. Il corallo, le reti da pesca, l’argento e le maioliche, i dolci e i ricami.

Una piccola città dove trovi l’inaspettato che non ti aspetti.

Poi vabbè, >i mercati sono sempre colorati e chiassosi, con i venditori che urlano complimenti a caso nel tentativo di far girare qualche vanitosa verso la propria bancarella. Il parcheggio non si trova ma si crea e certe volte vengono fuori capolavori di ingegno tali che prima di fargli una multa gli fai una foto. I vecchietti fanno salotto in spazi morti della strada mettendo in cerchio le seggiole portate da casa perché così si chiacchiera meglio.
Ma queste cose credo avvengano ovunque in Sicilia, per fortuna.

Io faccio proprio pena a scrivere e non riesco a farvi capire ma tutte le volte che passeggio al porto e guardo le barche dondolare, mi sento pervadere da una “quiete accesa“, forse perché penso a questo posto come un altro pezzettino del puzzle Amore che mi ha regalato Giovanni. In fondo “di una città godi la risposta che dà a una tua domanda“, no?

Bando ai sentimentalismi e alle citazioni da Bacio Perugina, un mese fa ho scritto una lunga city walk su Trapani, ma lì per lì non sapevo da dove iniziare perché pensavo che a Trapani, culturalmente parlando, non ci fosse NIENTE. E’ la verità e me ne vergogno un po’ anche se poi ho recuperato alla grande. Ho fatto ricerche su ricerche, cercando di cavare qualche informazione utile e completa in mezzo alle stesse 4 frasi in croce copiate e incollate senza nemmeno correggere i “Qual’è”.

Ho scoperto che Trapani è davvero una città piccola e carina, un po’ medievale, tanto barocca e un pizzico liberty, sparso dove non ti aspetti…

…e che, ovviamente, ha una Storia, di cui nessuno sa nulla perché quei palazzi e quelle chiese ci sono sempre state, di là c’è il liceo che frequentavo e quella è la chiesa dove si è sposata mia cugina. In fondo questa città non è così poco attraente e banale e si merita davvero la visita di un giorno ma visto che in questo post ho scritto tante cretinate vi scriverò una miniatura della city walk da fare in una giornata intera a Trapani nel prossimo post 🙂

Se vuoi darmi dei suggerimenti o chiedermi qualcosa sull’articolo, puoi scrivermi a :fioredinespula@gmail.com

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Se vuoi visitare Trapani e svegliarti con la vista sul porto del Belveliero puoi scrivere a : bebilveliero@gmail.com .
Se preferisci il Granveliero per fare i corsi di cucina siciliana scrivete a granveliero@gmail.com (aggiungi la parola d’ordine FIORE (avrai uno sconto) nella email! 😉 )

I mercatini di Trapani

Ok, la scrittina “Sono passati 3 mesi dalla pubblicazione di Solstizio d’estate” mi sta perseguitando e comincia a darmi l’angoscia. E’ tempo di essere produttivi, ecco quindi un post che rimando da uno due tre mesi sui mercatini che si fanno a Trapani e che alla fine non sono male da vedere se stai passando da queste parti e c’è troppo vento per andare alle isole. Forse è un post inutile ma a me piace scrivere qua, anche se poi lo leggono quattro gatti.
Vi voglio bene gattuzzi miei.
Mi piace anche andare per i mercatini (ma a chi non piace?) quando posso, con Giovanni davanti al pc che mi dice “Devi prendere qualcosa?” “No…” “E allora perché ci vai?…”.
Tsk, tsk, stakanovista ottimizzatore di tempo (solo quello altrui. Sapeste quanto me ne fa perdere per cercare queste cose)

…dicevo, mi piace andare per mercatini perché non è mai un’uscita inutile, sono luoghi vivi e fantasiosi e una passeggiata là rigenera. Tutta colpa dei venditori che per attirarti alla loro bancarella urlano a una qualunque “Signorinella?!?! Lei è davvero troppo bella!” abbastanza vanitosa o ingenua da sentirsi chiamae. E’ buffo scoprire le nuove rime o sentire per l’ennesima volta quelle vecchie.

Trapani è una città piccola quindi non ci sono chissà quali mercatini imperdibili da elencare (per vostra fortuna sarà un post breve :D), sono giusto due quelli più carini dove starei a perdere le ore: il mercato del pesce e il mercato del giovedì.

Prima di dirvi dove si trovano vorrei ricordarvi una cosa: contrattate! Sopratutto se prendete tanta roba. Per i prodotti freschi come i fiori e il cibo ricordatevi che la mattina c’è più scelta ma a fine mattinata potete benissimo tirare sul prezzo, vincerete facilmente (se non fate troppo i vastasi, ovviamente).

Il mercato del pesce attualmente si tiene in uno dei luoghi meno poetici del centro storico ma vuoi o non vuoi qualche foto bella la tira sempre e poi si trova vicino al porto peschereccio, alla Torre di Ligny e al mare, quindi una combo foto belle + spesa + visita alla Torre + bagnetto non è malvagia. Vicino al mercato ci sono tante bancarelle di frutta e verdura e negozi con prodotti tipici di tonnara e non, dove vi svuoteranno le tasche con prezzi un po’ cari rispetto a quelli del supermercato (ma è anche vero che qualche volta hanno prodotti più particolari non facili da reperire)
Nota per i più arditi: se avete preso un appartamento e avete la possibilità e la volontà di cucinare pesce ricordatevi che 1) Le bancarelle più lontane e grandi, in fondo al tendone, sono dei rivenditori, quelle più modeste che si trovano più avanti da metà tendone in poi sono dei pescatori, in teoria acquistare dai secondi dovrebbe dare più garanzie. 2) Contratta.
Non so perché scrivo questa stupidaggine ma se l’avessi letto da qualche parte l’avrei trovato utile 😀

Il mercato si svolge tutti i giorni della settimana dalle 8.00 alle 13.00 in Via Cristoforo Colombo
Vi lascio qua sotto la mappa per trovarlo partendo dal Granveliero (3 minuti a piedi)

Senza titolo-1

Il secondo mercato è quello del giovedì, detto anche “Il mercato più conosciuto dai maltesi“.
Oh, ma ce ne fosse uno che non viene già informato sull’esistenza di questo posto.
E’ un grande mercato simile ad un suk arabo, ci puoi trovare abiti, artigianato, tappeti, stoffe, piante, olive e caramelle. Ci ho comprato coperte, ciotole, scampoli di stoffa che a quelle ikea non hanno nulla da invidiare. In realtà è così vivo, strillone e colorato da essere bello da vedere anche se hai un paio d’ore libere e non devi prendere nulla e se non temi di incontrare qualche tua conoscenza (almeno due , tre volte ci si ferma a salutare qualcuno). Non c’è pioggia che faccia desistere gli espositori, se non viene un’Apocalisse d’acqua il mercato “s’ha da fare”. Non viene fatto solo se il giovedì coincide con una festività, allora viene anticipato alla domenica (capito signore maltesi?). Ora inizia il periodo delle feste e quindi al mercato si comincerà a sgomitare (letteralmente), il momento migliore è la mattina presto, prima delle dieci e mezza. Contrattate e tornerete a casa con il sorriso più alto. Valutate voi quando è il caso farlo, per mezzo kg di olive direi di no. Non deve sembrarvi una cosa sconveniente, la Tunisia non è così lontana e non si stupiranno se chiederete di fare cifra tonda.

Anche questo mercato viene allestito vicino al centro storico e si svolge il giovedì dalle 8.30 alle 13.00 al Piazzale Ilio salvo festività e bombe d’acqua. Dal Granveliero potete arrivarci percorrendo la strada di Corso Vittorio Emanuele per godervi l’ombra del centro storico oppure prendere la strada sbrilluccicosa del porto.

From Granveliero to Thursday Market Trapani Sicily

From Granveliero to Thursday Market – Trapani, Sicily

Ok, compiti fatti. Non ce la facevo a partire per due settimane senza scrivere nulla, è una cosa che rimando da troppo tempo e mi intristiva troppo.

Al solito, se vuoi darmi dei suggerimenti o chiedermi qualcosa sull’articolo, puoi scrivermi a :fioredinespula@gmail.com
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Consigli e informazioni utili prima di partire per la Sicilia #1 : Il clima, l’abbigliamento da portarsi e altre considerazioni di passaggio

Ha senso fare questo post in italiano? Sì, perché così come tutto il mondo pensa che gli italiani passino il tempo a mangiare cazzeg…passeggiando in vespa e poi ci scrive un terzo di “Mangia,Prega,Ama” , gli italiani (non tutti per fortuna) pensano alla Sicilia come ai tropici, dove tutti passeggiano in infradito e coppola (e lupara?).

In realtà la Sicilia sarà pure un’isola ma credo che sia una delle regioni più variegate d’Italia. Chi viene dall’est non capisce il dialetto dell’ovest e in pochi km non usiamo nemmeno gli stessi nomi per il cibo, alcuni si fanno persino la guerra teste così diverse potevano crescere mai sotto lo stesso sole? Tutti vengono qua per il mare, dimenticandosi che è l’isola più grande del Mediterraneo e che le zone interne, oltre ad essere montuose, sono molto lontane dal mare, quindi c’è una temperatura abbastanza diversa tra zona costiera ed entroterra.

In generale:

Zona Costiera: clima mediterraneo

quindi le estati-primavere sono molto lunghe e gli inverni brevi. Le precipitazioni sono rare o assenti in estate (non vedo una pioggia d’estate da anni) e si concentrano perlopiù in inverno, quando possono comunque esserci delle escursioni termiche non da poco se non piove (tipo la mattina ci sono 11°C e vento tagliente e a mezzoggiorno c’è un sole che spacca le pietre e 23°C). A parte quest’anno e comunque una volta ogni dimissione di Papa, non nevica e c’è un’umidità molto forte, anche oltre l’85% (cioè cadono uccelli morti per il caldo in estate, perché se la macchina ti segna 33°C in realtà ne stai percependo più di 40)

Zona interna: clima continentale

quindi le precipitazioni sono meno rispetto alla zona costiera ma la temperatura si abbassa tanto e possono esserci nevicate e gelate oltre che un bel po’ di nebbia. In compenso c’è molta meno umidità in estate per cui si percepisce meno caldo.

In Primavera la Sicilia è molto bella e tanti turisti vengono proprio in questo periodo, quando la natura è più lussureggiante (vabbè magari non è il termine giusto ma non me ne venivano altri sul momento) e non tutti hanno le ferie, quindi non c’è sovraffollamento. Le temperature sono tra i 18°C e i 30°C e le serate fresche, ideale per chi odia l’afa estiva ma vuole comunque andare al mare e visitare le città

D’Estate le temperature sono davvero calde e il sole feroce, il clima è simile a quello del nord Africa, anche perché spesso soffia il vento di scirocco dritto dal deserto, i cieli si riempiono di sabbia e le temperature vanno da 27°C a oltre i 40°C. E’ il periodo preferito per chi ama il mare, trascorrere tante ore in spiaggia e in acqua aiuta a sopportare la calura. Vi sconsiglio Agosto per il trekking se non avete esperienze più strong alle spalle (tipo trekking nel Grande lago Salato). L’estate è più bella a Luglio.

Autunno Le temperature sono come in primavera, 18°C massimo 26°C, si può fare il bagno per tutto settembre e, con un po’ di fortuna, fino a metà ottobre. E’ anche un buon periodo da un punto di vista turistico: molta meno gente, albergatori e ristoratori più rilassati e attenti, tanti eventi, sopratutto gastronomici ma anche iniziative culturali come Le Vie dei tesori (di cui vi parlo quasi alla fine di questo post) . Inutile dire che per il trekking è pure un buon periodo. Unica limitazione: escluso settembre e i primi giorni di ottobre le escursioni in barca per le isole minori praticamente si fermano perché il mare comincia a peggiorare e a rendere difficile e poco piacevole i tour. Comunque i collegamenti “ufficiali” con traghetti e aliscafi verso le isole sono garantiti tutto l’anno, ire di Poseidone permettendo.

Inverno E’ la stagione meno turistica per la Sicilia, sopratutto per lo stop di molti voli Ryanair a partire da Novembre. Le temperature sono tra i 5°C e i 23°C anche se è periodo di piogge e tanto vento. Comunque se venite non fatelo in infradito, FA FREDDO, un freddo umido tra le altre cose, quindi in realtà fa freddissimo. Clima a parte le uniche cose che non potete fare sono il bagno e il trekking (solo quando ha piovuto e se non avete polmoni troppo sensibili all’aria fredda). L’inverno vero nella zona costiera arriva nella seconda metà di dicembre, fino a febbraio. Inizia molto prima in quella interna, dove può cadere anche la neve, quindi togliete una decina di gradi dalle temperature che vi ho indicato. Inizia anche la stagione sciistica sull’Etna e a Piano Battaglia.

Quando conviene venire?

Aprile (dove qualche pioggia ancora la rischiate) –Maggio-Giugno e seconda metà di Settembre-Ottobre e perché no, anche Novembre sono il top nella zona costiera, sia se volete fare trekking, sia per visitare le città perché le temperature sono sopportabili, tra i 16°C e i 27°C. Vi ho incluso Novembre perché negli ultimi anni c’è una “traslazione” del calendario annuale, il tempo bello e caldissimo tarda un po’ ad arrivare ma in compenso a novembre non userete sciarpe e cappotti di lana. Diciamo che è mooolto variabile, ci sono giornate in cui maglietta a maniche corte e una semplice giacchetta di cotone sono sufficienti e altre in cui magari una felpa da mettere sopra la maglietta a maniche corte non guasta, sopratutto di sera. Alcuni temerari fanno il bagno pure a Santo Stefano (tipo qualche palermitano folle a Mondello) ma i mesi migliori per la spiaggia sono da Maggio a Settembre. Nella zona interna invece le temperature sono meno impietose in estate. Se volete andare a sciare sull’Etna già verso dicembre c’è un buon livello di neve. In generale nevica da metà Novembre fino a fine Febbraio.

Nei vari mesi dell’anno le temperature potrebbero essere più o meno queste:

Gennaio: 5°C – 22°C
Febbraio: 5°C – 22°C
Marzo: 10°C – 26°C
Aprile: 12°C – 27°C
Maggio: 16°C – 28°C
Giugno: 18°C – 30°C
Luglio: 22°C – 36°C
Agosto: 26°C – 42°C
Settembre: 25°C – 35°C
Ottobre: 15°C – 22°C
Novembre: 8°C – 20°C
Dicembre: 5°C – 22°C

Cosa mi devo portare?

VESTITI

• In inverno portatevi maglioni, cappotto e un berretto perché fa freddo. Se avete necessità di peso contenuto per bagaglio Ryanair-friendly e non starete sempre in un resort a 5 stelle, sostituite i maglioni con le felpe di pile, pesano molto meno e tengono caldo. Il berretto ve lo consiglio vivamente, per riscaldare le orecchie e tenere a bada i capelli lunghi, oppure ragazze, portatevi un paraorecchie con il pelo! coprono, fanno da cerchietto e i capelli restano in ordine 😀 Qui non portiamo stivali da pioggia ma poiché le nostre strade sono piene di buche e si formano pozzanghere grandi quanto il Lago di Garda con due gocce d’acqua, usate scarpe che non si bagnano e comunque ma chi si porta gli stivali da pioggia in valigia? 😀 . Nelle città di mare come Trapani, il vento può essere davvero forte, quindi se piove e avete un ombrello potrebbe scapparvi inavvertitamente qualche parolaccia. Portatevi un k-way (per chi non lo sapesse, è un impermeabilino leggero e di pochi grammi che si può ripiegare in un marsupio, facile da portare), stringete il laccetto intorno al cappuccio e HOP!, potete farvi una corsa sul lungomare.

• In estate e autunno portatevi vestiti leggeri, di cotone, viscosa e lino. Se andate a fare escursioni alla Riserva dello Zingaro ed è agosto, NON ANDATE IN CANOTTIERA o vi ustionerete, ci saranno due alberi lungo tutto il percorso! Avvolgetevi anche un leggero pareo di cotone sulle spalle e mettete la crema. Se andate a fare una passeggiata al mare di sera una giacchetta di cotone leggera tenetela sempre. Idem se fate una vacanza a Trapani e poi salite ad Erice, la temperatura si abbassa sempre di 4 o 5 gradi. Da Maggio a Settembre e anche inizio Ottobre potete anche mettervi il costume sotto i vestiti, non si sa mai (NB SOTTO i vestiti NON come unico vestito ma forse dovrò fare questa raccomandazione sul post in inglese 😛 ). A Novembre portatevi magliette leggere a maniche lunghe, a maniche corte e almeno una felpa e una giacca per quando il vento si alza e non è lo scirocco.

N.B. Inutile dire che vi dovete portare una protezione solare con fattore alto, anche per girare in città.

SCARPE :
Anche qua dipende da cosa dovete fare.
Se andate a fare trekking allo Zingaro non andate in infradito, anche se fate il percorso costiero, quello facile, e dopo vi andate a fare il bagno in una delle calette. Mettevevi scarpe da ginnastica, possibilmente belle toste (non valgono le sneakers della Onitsuka Tiger), è pieno di sassi che vi faranno imprecare per tutta la gita. Se avete scarponi e sandali da trekking andate tranquilli. In generale sconsiglio le infradito ovunque qui, tranne al mare. Molti paesi e città hanno strade lastricate o piene di ciottoli, ammesso che vi piaccia il “massaggio” ai piedi la scivolata è dietro l’angolo e fa male. Al mare invece portatevele!!! Vi renderanno letteralmente meno infernale il passaggio sulla sabbia e anche le camminate sulla battigia (le spiagge siciliane sono molto variabili, si va dalla sabbia sottile come borotalco a sassi, sassetti e granella a volontà)
Quindi ci dobbiamo vestire come delle scappate di casa? No, tacchi e zeppe sono ammessi, dipende dove andate e dal vostro grado di allenamento, però fatevi furbe, un paio di ballerine salvavita mettetevele in borsa, non si sa mai che strade vi ritroverete da fare.

Come al solito, se siete arrivati a leggere fin qua sappiate che vi voglio bene! 😀

Se vuoi darmi dei suggerimenti o chiedermi qualcosa sull’articolo, puoi scrivermi a :fioredinespula@gmail.com
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Le stranezze dei siciliani a tavola

Questa foto è troppo bella e l'ho presa dalla pagina bellissima di Donpasta, il gastrofilosofo per cui "Se hai un problema aggiungi olio"  cucinamilitante.wordpress.com

Questa foto è troppo bella e l’ho presa dalla pagina bellissima di Donpasta, il gastrofilosofo per cui “Se hai un problema aggiungi olio” cucinamilitante.wordpress.com

“ENGLISH” VERSION PART ONE & PART TWO

Fonte ispiratrice di questo post è stata la Signora Mamma, che un bel giorno si mise a raddrizzare il pane messo sottosopra con un fremito di contrarietà maniacale degna del detective Monk quando vede i bottoni allacciati storti : ‘Questo non si mette rovesciato, il pane si mette dritto!
‘E perché?’
‘Perché sì!!!’
Che risposta è? Una risposta molto siciliana direi, non c’è una spiegazione, si fa così da tempo immemore e tu sciocco che chiedi, così fan tutti, è un mistero il perché ma chiedere non si fa.
A quella volta succedettero altre “raddrizzate” inspiegate e quando ne scoprii casualmente il motivo cominciai ad attenzionare tutte le stranezze sicule intorno a me, che quando mi metto a tavola mangio e siedo irradiata di beata ignoranza.

1. Il pane non si mette sottosopra. Perché è il corpo di Cristo. Non perché inspiegabilmente così non si fa, tutti lo sanno e anche tu devi saperlo anche se non sai perché. E nemmeno perché altrimenti cadono tutti i semini, come provò a glissare una volta la Signora Mamma (da noi il pane più gettonato ha il sesamo sopra).

2. Non si butta via niente. Visto che da noi il pane più gettonato ha il sesamo sopra e, o lo metti dritto o lo metti sottosopra, financo tu lo metta in bilico sul bordo del tavolo, ti ritrovi la tovaglia piena di semi e visto che i grissini sono sciccheria da ristorante, visto che un siciliano ha 23 ore su 24 in testa il cibo, visto che il tempo se lo deve passare mentre attende le portate, anche quando i grissini ci sono, visto che non si butta via niente, tutti, immancabilmente, come se avessero un tic, umettano la punta del dito indice e cominciano a puntarlo sui semini sparsi e a mangiarli, come degli uccellini smaniosi. Annuiscono, parlano a denti stretti e pic pic pic, si attaccano i semini al dito e se li portano tra i denti, sistema che consente anche la riumettatura automatica del polpastrello, come nei timbri autoinchiostranti.

3.Il pane a tavola c’è sempre. Con una portata o con dieci, perché come diceva mio padre ‘Ingrassate perché mangiate troppo e mangiate troppo perché mangiate senza pane. Il pane vi fa saziare, così mangiate meno e dimagrite’ (!!!!!!!!!!!). Se avete la panza sapete perché.

4. Ma non c’è mai l’acqua calda a tavola. Ci deve essere sempre l’acqua fredda in inverno, con i cubetti di ghiaccio in estate. L’espressione “temperatura ambiente” viene usata solo dai giardinieri.

5. Se non è fritto probabilmente fa male. La roba arrostita è ammessa solo nelle grandi mangiate in campagna o in terrazza o in balcone o nelle strade tra due isolati recintate dalle macchine. Una parmigiana con le melanzane arrostite non la servono manco in ospedale. Quella del fritto ovunque, dell’unto bisunto praticamente affogato è stata anche discussione con la dolce metà, che mi scansò dai fornelli con un “Tu non sai cucinare!” vedendomi mettere mezzo litro di olio in meno nelle zucchine per la pasta e aggiungere una goccina d’acqua per non farle attaccare. Da allora lui cucina e io vago per casa incomazzata dagli acidi grassi.

6. “Tanto ogghiu unni’ chiange”. Tanto non piange olio, quindi non serve. In Sicilia l’olio viene usato pure per cucinare le pietre, dunque è preziosissimo. Quando si rovescia sulla tavola si alzano tutti e trentacinque commensali. Qualcuno vi dirà perché porta sfortuna, in realtà perché lo compri dal vicino di casa in campagna e costa un occhio della testa, altro che quello in offerta al supermercato. Vedi punto sette.

7. L’olio non si compra al supermercato. Quando sei uno studente universitario fuori sede e fai il trasloco della dispensa, è immancabile la bottiglia di olio nuovo, quello comprato dal vicino, che ha il terreno confinante con il tuo e quattro ulivi contati e te lo ha passato in cambio di un rene, ma la genuinità si sa, ha un prezzo. Il paradosso dell’olio è che quando è appena fatto ha un color oliva torbido e sospetto e un sapore velenoso ma che divide il popolo siciliano biomaniaco, quelli che aspettano solo l’olio nuovo amarissimo per mangiarlo con il pane, rigorosamente da forno a legna fatto nei panifici di campagna, e quelli che usano solo l’olio vecchio, di colore e sapore compatibili con la vita umana (tra cui io). Unica cosa in comune: l’olio non si compra mai al supermercato, che chissà da dove viene, con quali olive l’hanno fatto, in quale secolo sono state raccolte, forse lo hanno tagliato con l’olio da motore!!! Il biokomplottismo in Sicilia è roba vecchia.

8. Rosticceria for breakfast. Avete presente la scena del film “Tre uomini e una gamba“? Quando alle otto Aldo si affaccia dalla finestra dicendo “Finisco la peperonata e scendo”? Quando qui si va a fare colazione al bar alle sette è normale trovare mezzo bancone pieno di dolci e uno e mezzo di rosticceria, sopratutto fritta, e credevo che fosse così in tutta Italia. I Musei Vaticani mi hanno fatto ricredere.
Una volta andai ai Musei Vaticani e poiché sono grandi mi consigliarono di comprare il pranzo e mangiarlo a metà visita. Dalle dieci in poi un siciliano già pensa al pranzo, quindi alle undici e un quarto anche in un bar di Roma chiedi la rosticceria a colpo sicuro.
Bar numero uno, solo insalata di riso.
Bar numero due, insalata di riso e panini.
Bar numero tre, insalata di riso, panini e pizzette.
IO: “Scusi, ma avete solo questo?” (tre banconi pieni)
Barista: “In che senso, signorina?”
IO: “La tavola calda non c’è? “
B:“Sì, sì, certo che c’è! L’insalata di riso!”
IO: (E me la metto in tasca l’insalata di riso?) “No, dico la rosticceria, non avete i calzoni, le arancine…” (già allora percepivo le iris con la carne una richiesta troppo avanzata)
B: “I calzoni? A quest’ora?” O_O
IO: “Eh ma sono già le undici passate!”
SILENZIO
B: “No signorina, c’avemo solo queRsto.”
Quante cose che si imparano andando al museo.

9. Le arancine fatte male. Parlare di Roma mi ha fatto venire in mente quella poesia di Trilussa, “Felicità”: “C’è un’ape che si posa su un bottone di rosa: lo succhia e se ne va. Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa.”
Quando ti alzi alle sette per andare a lezione con ben otto gradi fuori che ti tagliano la faccia, quando finalmente arriva la ricreazione oppure esci fuori da dieci ore di lezione all’università e rotoli sul treno che ti porta al paesello, quando arriva la pausa pranzo al lavoro, la felicità è a portata di mano. Piccola, economica, magica e fritta! E’ l’arancina, quella pallina cicciosa, oleosa e calda che t’arricria tutto già quando pensi di comprarla, fino a quando spazzoli l’ultimo boccone e ti penti di non averne comprate due, anche se qui sono così grandi che se ne mangi due finisci in coma. Pensata, bramata, agognata e poi finalmente conquistata e mangiata, dopo il mondo diventa a colori, rosa prosciutto, rosso sugo di carne e verde pisello. Deludere una simile aspettativa può causare un serio dissesto del bilancio di fine mese della rosticceria con picchi che potrebbero culminare in un 800A spray grande quanto tutta la vetrina.

10. Le arancine con il nome sbagliato. Le arancine sono femmine, come qui già detto qui, e basta. Purtroppo dalla parte orientale le chiamano con uno stridente nome maschile, molesto come un’unghiata sulla lavagna. La diatriba quando parte non si ferma più. Provate a leggere qualsiasi articolo sul cibo dove si scrive arancini o arancine, non importa che poi si parli delle balene nel Mediterraneo o degli ufo a Paparedda o delle balene di Paparedda che sorvolano il Mediterraneo a bordo di un disco volante, tutti i commenti sotto si catalizzeranno solo sul sesso delle arancine e sulle azzuffate con gli orientali. Io vi consiglio di crederci senza provare, rischiate di morirci di vecchiaia. Se li dovete ordinare indicateli con il dito e basta.

11. La pizza sfincione. Sempre parlando di incomprensioni culinarie lo sfincione non è una pizza e come per le arancine chiamate con la I a Palermo rischiate un serio linciaggio. E’ un materasso palermitano alto due dita e condito concentrato di pomodoro, cipolla e grascia, visto che quelli più buoni sono sempre quelli venduti dai carrettini costruiti dal nonno e mai puliti dalla nonna dell’ambulante che te lo porge. Decenni di batteri, olio e sputacchi hanno dato il loro contributo ad uno dei migliori street food del mondo, fatevene una ragione.

12. Il dizionario è sbagliato. Se chiedi la frutta di marzapane è sicuro che chiunque ti dirà che in Sicilia il marzapane non esiste, li puoi illuminare chiedendo della frutta martorana e ti porgeranno frutta mandorlosa a secchi. Idem per il pangrattato, il pangrattato non esiste, esiste solo la mollica, o meglio la muddìca.

13. Meglio un figlio satanista che vegano. Credo che caponata e frutta martorana a parte, in Sicilia non esista quasi nulla che non sia fatta con qualcosa che provenga da maiale, pecora o cavallo e sopratutto che non preveda un’innaffiata di pecorino o un’imbottitura di ricotta (solo di pecora). Essere vegano qui rende difficile la sopravvivenza e se non vuoi far morire di crepacuore tua nonna o tua madre è meglio che tu fugga di notte, in un esilio autoimposto, ma non so chi ti aiuterà quando sarai solo, senza amici né famiglia. Essere vegano condanna alla solitudine e all’esclusione da quasi tutte le occasioni mondane dei siciliani, prime fra tutte l’arrustuta di sasizza e pancetta di Pasquetta, del 25 aprile, del 1 maggio, del 2 giugno, di Ferragosto e di tutte le domeniche in cui non si sa cosa fare e qualcuno ha messo a disposizione la campagna, il garage o il balcone di casa.

14. Non mi piace la ricotta di pecora. E’ la variante del punto 13. E’ una rarità, ma esistono, quelli a cui non piace la ricotta di pecora. La pecora dovrebbe essere messa al posto della Medusa sulla bandiera della Trinacria e dichiarata sacra insieme al suo dono piu grande, il latte e la ricotta che ne deriva. Calda, fredda, dolce, salata o al forno è difficile scansarla ma di solito nessuno ha questa intenzione. Odiare la ricotta è come odiare la Nutella, chi dichiara una simile eresia viene visto con sospetto e diffidenza.

15. Mangiare con lentezza. Io e Giovanni siamo siciliani ma quando siamo a tavola la dolce Nespula sembra essere il figlio perduto di Flash Gordon cresciuto in Africa tra gli struzzi. Per fortuna gli opposti, anche quelli almeno un po’, si attraggono e quando mi siedo io la percezione del tempo collassa, sembra un quarto d’ora ma è un ora e un quarto. A tavola si parla e che ci sia una portata o cinque, si perde tempo, ci si rilassa e si fa decompressione, fino al caffé e all’ammazzacaffé. Con Giovanni che ha messo il giubbotto dal secondo secondo (non è l’eco). Pochi hanno capito che mangiare è un piacere quanto i Siciliani ma quando ce lo insegnavano Dolce Nespula era in bagno.

16. Mangiare con sveltezza una fattoria. La realtà a volte impone ritmi ben diversi e allora bisogna mangiare in un vero quarto d’ora (a volte ha ragione pure Dolce Nespula). Ma poiché sempre in Sicilia siamo e alla salute ci teniamo, non ci possiamo accontentare di un semplice piatto di pasta per tutto il pomeriggio, quindi in un quarto d’ora siamo capaci di spazzolarci tre portate più dolce e frutta. Giusto per non svenire al lavoro e reggere fino alla merenda.

17. Il pranzo della domenica non prima delle due. Invitare al pranzo della domenica per mezzogiorno o anche per l’una è maleducazione, che siamo in ospedale? E poi io devo fare un sacco di cose prima! La colazione alle nove, il break alle dieci e mezza, il secondo break alle dodici e mezza, tipo con il gelato, che prima è presto e ti ghiaccia la pancia e poooooi si fa il pranzo, cominciando ad un orario da cristiani, non prima delle due per finire non prima delle quattro. Eccheccaspita è domenica.

18. Bisogna sempre essere pronti per le emergenze. Per questo si fa tanta spesa e si cucina tanto. Potrebbe succedere di tutto e quel tutto succederà il giorno in cui non sarai pronta, come nella migliore versione della Legge di Murphy, quindi in realtà facciamo così per tenere lontana la sfortuna. Potrebbe venire la carestia oppure cadere un millimetro di neve a farci rimanere bloccati in casa perché se non vivi nell’entroterra dell’isola le uniche catene che hai al massimo sono sul cellulare. Mangiare tanto serve a tenere caldi o a dare qualcosa da consumare alle tue cellule nel tempo nelle vacche magre. Potremmo svenire mentre stiamo attraversando le strisce per il rotto della cuffia e morire, a Palermo gli automobilisti guardano il semaforo dei pedoni e partono quando diventa giallo, che tanto tra due minuti il loro diventa verde ed è lo stesso. Potrebbe arrivare un parente con tutti i suoi cinque figli con nuore e generi al seguito o un pullman pieno di turisti potrebbe fermarsi in panne davanti casa nostra e noi non si caccia mai nessuno e comunque stare insieme in allegria è sempre bello. Potresti incontrare degli amici in spiaggia ed invitarli a pranzo sotto l’ombrellone, per questo al mare ci si porta il tavolo con le seggiole e le teglie di anelletti al forno e anche se non incontri nessuno, il mare lo sanno tutti che fa venire una gran fame! 😀

19. Il piatto si lascia pulito. Per le emergenze, vedi punto 18 e per educazione. Se ti mettono mezzo chilo di pasta nel piatto te lo devi mangiare TUTTO perché è stato fatto apposta per te, perché nessuno vuole che tu abbia un calo di zuccheri davanti al semaforo e perché se parli con qualcuno devi sempre dire che c’era forse troppo ma mai troppo poco (mah). Ovviamente devi pure accettare il bis. Il tris puoi scansarlo solo dichiarando di voler lasciare spazio per una doppia porzione di dolce.

20. Però davanti all’ultimo cucchiaio… cominciano a scambiarsi complimenti da fidanzati del primo mese “Prendilo tu, no tu, io sono pieno, no prendilo tu” (in realtà lo vogliono tutti e due e quello che alla fine non si decide a prendere l’ultima mini porzione se ne pente. Io dico sempre sì.)

21. Il formaggio sulla pasta ai frutti di mare. Pure Montalbano se ne lamentava. Più di tutti gli arancini e le pizze sfincione ecco cosa fa partire l’embolo ad un siciliano, il formaggio sulla pasta ai frutti di mare. Se qualcuno vuol farvi lo scalpo con il cucchiaio non vi aiuterà NESSUNO. (e fanno bene)

22. La Terra gira intorno al Sole, la Sicilia intorno al Cibo. Qui in Sicilia si parla sempre di mangiare e si pensa al cibo di continuo. C’è chi arriva a lavoro alle nove e davanti alla macchinetta del caffé si sente chiedere “Che mangi a pranzo?”

Figlioli ricordatevi che si fa per ridere, è ovvio che non mangiamo la caponata ogni giorno a colazione e nemmeno i cannoli (anche se i turisti pensano di sì), ma se capita nessuno si sente sacrificato e di certo non è impensabile che possa capitare (io la caponata a colazione l’ho mangiata, però erano le undici U_U) 🙂

Se vuoi un consiglio su dove mangiare a Trapani a colpo sicuro ecco QUA
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Ma Palermo è sicura? In tanti anni che ci ho vissuto non ho mai scattato una foto a questa città. Perché mi “scantavo“. Un post dedicato alla ricerca della libertà di camminare per strada!

One of the biggest trees in Italy, the Ficus of Giardino Garibaldi in Palermo

ENGLISH” version!

Inizio a scrivere questo post un giorno prima. Ho lasciato la casa in cui vivevo a Palermo da due mesi e adesso sono costretta a tornarci solo per sventolare un bollettino delle tasse ad una segretaria sturduta dell’Ateneo forse più grande ma di sicuro più disorganizzato dell’isola, altrimenti non posso dare l’esame. No, niente fax e no, nemmeno una email…e se non rispondono al telefono non è perché li scelgono senza quel dito opponibile che ci ha fatto fare il balzo evolutivo ma per la lagnusìa che fa andare la burocrazia di queste parti alla velocità del bradipo, che il dito opponibile non ce l’ha per davvero, non fa lo stesso una beata ma almeno mezza giustificazione lui l’ha trovata. Aggiusteranno tutto in due minuti ma io per arrivare lì dovrò farmi due ore di autobus all’andata e due al ritorno, per non contare quelle perse in fila davanti all’unico sportello aperto di venti.

Dato che mi faranno perdere la giornata non tornerò subito e farò una cosa che in tanti anni in questa città non ho fatto mai. Andrò in giro con una macchina fotografica.

Non l’ho mai fatto perché mi “scantavo, mi spaventavo.

Quante volte passeggiando avrei voluta averla con me, a Palermo ci sono tante cose belle, solite e insolite, e poi lo sapevo che il mio tempo qua non sarebbe stato infinito e questa città per me è importante, la memoria mi gioca brutti scherzi, l’età non aiuta e io non voglio dimenticare, io Palermo me la vorrei sempre guardare e riguardare anche se il mio tempo lì, almeno per ora, è terminato. Non ho una sola foto di Palermo, quella che vivevo e manco quella turistica, perché ero terrorizzata, fantasticavo foto e scene, ma la macchina restava ben chiusa nella sua borsa a casa. La mia macchina fotografica non è preziosa, è una piccola reflex con un fondo di bottiglia avvitato, ma è una delle poche cose che ho comprato solo per me con i miei soldi. Non sono molte le cose che mi piacciono ma al momento di comprare non ne ricordavo mai nessuna e spendevo soldi per gli altri. Ero sempre al verde quando mi ritornava la memoria ma l’importante è essere contenta, quindi niente rimpianti. Sono poche le felici intuizioni che ho avuto su come farmi un regalo più concreto: qualche biglietto aereo low cost per Roma e questa piccola Canon Eos 1000D con un pezzo di vetro 18-55mm. Io la adoro. E’ la mia piccolina, la mia amata, la mia riserva di ricordi e piccole soddisfazioni, che me la faccio scippare dal primo ragazzetto che se la venderà per duecento euro dopo aver gettato la memory card piena di 500 paesaggi, 480 sfocati e 20 no, e di mia nipote sdentata e spettinata in compagnia di un My Little Pony diverso in ogni foto in un tombino? Non scherziamo.

Quando mi iscrissi all’università le mie future coinquiline, già rodate da un anno, mi avevano dipinto scenari da sicilian far west, indimenticabile fra tutti il monito “Non camminare vicino ai portoni altrimenti ti tirano dentro quando meno te lo aspetti!“. Non uscivamo mai tutte e quattro (QUATTRO!!! avete letto bene) se non c’era un ragazzo con noi (quello che, in teoria, avrebbe dovuto difenderci da una rapina a mano armata o quantomeno beccarsi cavallerescamente le botte a nome di tutto il gruppo). Una addirittura diventò isterica quando mi vide sollevare il cappuccio della felpa sulla testa prima di uscire. Aveva subìto una rapina al supermercato dove hanno prezzi da studente universitario, cioè da vera rapina, e il ladro avvicinandosi alla cassa si era alzato il cappuccio per coprire il viso. Per evitare gli scippi ‘Non metterti i soldi nel portafogli quando sei già per strada, fallo in negozio’.

Boh.

Quando rimasi sola per la prima volta non uscii di casa alle sette di sera per prendere il pullman perché ero troppo spaventata dal buio e dalla strada, mi sembravano tutti dei delinquenti, mi vedevo rapinata e sgozzata sotto un albero quindi rimasi sola a casa a dormire una notte in più. Con tre giri di chiave sopra e sotto e il ferro tirato. I miei colleghi (ma sempre ragazzi stranamente) spesso venivano fermati e derubati ed erano semplicemente terrorizzati, io quando arrivavo con i soldi per stare tutta la settimana li nascondevo in una cucitura interna dei jeans fatta apposta. Un mio amico invece non veniva mai fermato, sapeva parlare in un palermitano da pelle d’oca, una cantilena forte e incomprensibile, dove per dire ‘cosa’ apri la bocca quanto un forno e ti esce un ‘cuoasa‘, e andava in giro con una felpa nera e il cappuccio tirato sugli occhi, che pareva più delinquente di certi ceffi che giravano da quelle parti. La zona universitaria era, è, così. Questa si intreccia tanto con la zona turistica più accessibile perché più vicino alla Stazione Centrale, quella del triangolo della Cattedrale, via Maqueda e la Kalsa. Praticamente è sorta in una zona abbastanza degradata di Palermo, anche se decisamente non la peggiore.

Non mi è successo mai nulla.

Palermo è leoparda e ti ritrovi un caffé dall’aspetto molto parigino accanto al panellaro lordo e gli universitari camminano tra bambini neri, ragazzi pakistani e signore cinesi e girando l’angolo si ritrovano faccia a faccia con le sopracciglia depilate dell’eroe neomelodico palermitano del momento e schivano gruppi di turisti dalla pelle decisamente provata dall’insolazione.

Un giorno mi ritrovai a girare un video musicale in via Bara all’Olivella. Una volta questa strada era un piccolo Bronx pieno di immondizia e facce poco rassicuranti, ora, visto che è l’unica via da cui si vede un fotogenico scorcio del Teatro Massimo, è piena di negozietti per turisti, ristoranti, tavolini e ombrelloni, che lo scorcio non te lo fanno vedere più. Ma almeno una cosa bella in questa strada c’è, il teatro dei Pupi di Mimmo Cuticchio.
Ci girammo un video dicevo, c’erano diverse migliaia di euro tra obiettivi, sliders e reflex e tra i curiosi e i negozianti ormai diventati nostri compagni di lavoro, era immancabile la raccomandazione ‘Occhio ai motorini‘ (qua c’è gente che ruba).
Non rubarono nulla e l’attenzione fu quella normale, niente paranoie isteriche, si doveva comunque lavorare.

Non sono mai stata rapinata né rapita e camminavo tranquillamente vicino ai portoni però quella di mettere il resto nel portafogli prima di uscire in strada è un’abitudine che continuo a conservare,quando si può, è buona un po’ ovunque secondo me. A volte qualche ragazzo ti ‘sconcica‘ per strada e ti sussurra complimenti ma basta tirare dritto come i cavalli col paraocchi e ignorarli. Sono tornata anche sola a casa, anche al buio ma sempre quando ancora un po’ di gente c’era, lavoratori di ritorno per cena, e sono viva e senza nessuna brutta esperienza da raccontare. Sono tornata anche i bici da sola a mezzanotte, da palazzo Pantelleria al Policlinico, con il terrore che mi serrava la gola, perché non si sa mai. Non mi hanno mai fermato anche se i pochi passanti mi guardavano come una matta.

Una volta un mio amico romano, Favetta, venne a trovarmi a Palermo. Il suo albergo era in pieno Ballarò e io andai a trovarlo in bici. Dopo una serata a ballare tango in zone molto degradate dietro la Chiesa di San Domenico, che la notte si accendevano di arte e bellezza in qualche piccolo locale, ci facemmo una passeggiata per tornare a casa, io , lui e la bici accanto. ‘Dai corri a casa che sei sola e con la bici, io vedo di trovare la strada per l’albergo, proverò a tagliare di qua, in linea d’aria credo che l’albergo sia vicino, sicuramente arriveremo nello stesso momento. Dai, vai. Io: ‘Favetta, con la bici ho fatto avanti e indietro tante volte. E’ vero che non erano le due come stasera ma con la bicicletta vado veloce, non è come andare a piedi e ho una catena bella pesante, una voce da anatra squillante e nessuna remora ad usarle (sopratutto la catena). Per quanto possa sembrarti strano è più facile che fermino te che sei un uomo solo che me che sono una ragazza (mia personale statistica), con quella faccia poi!‘ Quale faccia? Immaginatevi Woody Allen, con i baffi alla Giangiacomo Feltrinelli però, che vorrebbe essere figo come Serpico ma è broccolo e dolce come Maurizio Nichetti….ma che lo mollavo lì da solo? Di amici ne ho pochi ma buoni, meglio conservarli…e menomale, altrimenti sarei ancora lì a cercarlo nel secondo centro storico più grande d’Europa, in trenta minuti di passeggiata, seguendo le sue indicazioni stavo quasi per perdermi pure io, ci avevano fermato barboni e punkabbestia e un vecchietto insonne ci aveva pure chiesto le sigarette…affacciato dal balcone al secondo piano, già aveva mollato il panaro. Ma siamo ancora vivi e felicemente non traumatizzati.

Ho visto tanti turisti camminare con le macchine fotografiche appese al collo, tranquilli e sorridenti ma ho anche sentito dire di molti scippi…

…allora questa Palermo è sicura o no?

Ci sono tante persone, tanti stranieri e un po’ di delinquenti autoctoni. Come in tutte le grandi città.
E’ sicura? Più di Londra e New York certamente, più di Oslo a quanto pare, se vi accollate di andare lì perché non a Palermo? Fuori da questa città c’è chi è convinto che ci siano sparatorie per strada e che la vita valga quanto un pacchetto di sigarette,a Trapani ci sono ragazze convinte che ti rapiscano nascosti nel buio dei portoni ma è un’immagine troppo distorta. In realtà le regole per stare bene qui sono quelle del buonsenso, ma valgono ovunque ci siano più di 100.000 abitanti. La microcriminalità è diffusa qui ma la mattina c’è tantissima gente e turisti e studenti girano tranquillamente, anche con macchine fotografiche appese al collo e se vi trovate in difficoltà e cacciate un urlo non dico che si girano in duemila come ai Fori Imperiali ma in duecento sì e allora siete salvi, ma bisogna proprio essere sfortunati per trovarsi nella necessità di farlo.
La sera da soli è più pericolosa. Non sfidate la fortuna, io l’ho fatto tante volte per stretta necessità e anche se non mi è successo mai nulla forse sono stata davvero fortunata, quindi se siete almeno in due è sempre meglio, se siete soli non vi succede nulla (sempre se avete l’accortezza di frequentare strade principali e illuminate e con almeno qualche persona anche se è tardi) ma in due almeno non vi fate tutta la strada terrorizzati e ve la godete di più. Siate attenti ma nella misura giusta. La zona della Magione è quella più delicata dopo il tramonto per chi è solo secondo me, perché fuori dal quadrato luminoso di qualche locale diventa più deserta e isolata, ma via Roma/Maqueda e la Cattedrale non vanno sottovalutate la sera. Non voglio fare terrorismo, a me non è successo nulla, bisogna solo essere un po’ accorti , senza paranoie, Palermo è abbastanza sicura ma è pur sempre una grande città. Certo se ve ne andate a Brancaccio lì mi spaventerei pure in pieno giorno ma giusto giusto lì dovete finire? Da vedere che io sappia non c’è nulla.

E visto che tutti girano con la macchina fotografica senza problemi perché Anna ti spaventi? Perché sono pur sempre un essere umano e a volte mi faccio lavare il cervello dagli altri e dai loro timori e viene anche a me la paura di essere stata solo fortunata per dieci anni interi, giusto pochi giorni fa pure il fiore d’argento di Santa Rosalia si sono rubato, che poverina solo quello aveva, si dice ‘W Palermo e Santa Rosalia’, finora pensavo che ai palermitani non importasse nulla di Palermo ma manco la Santuzza si è salvata, come mi salvo io?

…che camurrìa, basta, tiriamo fuori questa benedetta macchina allora, ben appesa al collo, rilassata, senza problemi. Ed ecco le prime foto di Palermo, alla Kalsa e a Casa Professa, foto timide e pietose, era la prima volta e non mi è successo niente! Me la tenevo al collo sopra lo zaino che mi ero messa al contrario, tutto davanti come un neonato, per appoggiarmi le braccia e riposare, per fare foto e per poter rendere più difficile uno scippo, di zaino e reflex. Lo scanto mi stava passando e stavo per prenderci gusto a Casa Professa, clic clic clic, quante cose ora posso immortalare e rivedere, Palermo io ti amo e ti voglio avere sempre con me. Mi facevi paura e non volevo uscire. Sono uscita sola e ho visto tante cose e di te non mi spavento più (non troppo almeno). Mi facevi paura e non volevo prendere la bici anche se lo facevano tutti. L’ho presa e sono sempre tornata a casa con lei e ora non mi spavento più (perchê so scegliere i posti giusti dove nasconderla). Tutti ti fotografavano, anche se venivano per dieci giorni soltanto e io in dieci anni ho avuto paura e ora ti immortalo e inizio da Casa Professa clicliclic cacchio si è spenta! Ho dimenticato di caricare la batteria!

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Ma almeno una volta là prima di risalire ci devo andare!“. Dove vanno a mangiare gli studenti universitari fuori sede quando tornano a Trapani.

La granita più buona che ci sia mandorle e gelsi da Liparoti a Trapani

Picciotti, se mi rispondete “dalla mamma!” o “dalla nonna!” non vale ovviamente perché quello è scontato. Nessuno, da nessuna parte, mai mai mai, cucina meglio di tua mamma o della nonna (a meno che tu non sia figlia di Rachel Flax). Tuttavia, ogni volta che gli studenti universitari fuori sede tornano a Trapani, hanno anche voglia di mangiare delle cose che la mamma non prepara e quindi devono per forza andare a procacciarsele fuori.

Ragazzi, attenzione! Questi sono posti che pure i trapanesi fuori casa si sognano la notte e che, tornino per due giorni o per due settimane, immancabilmente diranno “Ma almeno una volta là prima di risalire ci devo andare!” (gli universitari trapanesi fuori sede risalgono sempre e tutte le volte è difficile, è come lo sforzo che fanno i salmoni per risalire il fiume controcorrente, questione di sopravvivenza, si deve fare e basta, la vita là fuori è dura ma almeno il ricordo dell’ultimo soggiorno a casa aiuta il reietto universitario fuori sede a trascorrere i giorni nell’estero italiota senza accusare troppo il colpo).

I luoghi must dove mangiare di chi ritorna in patria trapanese sono:

1. La pizza da Calvino. Questo è il must più must che ci sia sul post, sfido qualunque trapanese a dirmi di no. Una ex casa di tolleranza in pieno centro storico, con stanze minuscole, sempre sempre sempre affollato, in estate, in autunno, in inverno, in primavera e poi ancora in estate… che tu sia uno squattrinato studente o un medico affermato, che tu sia un turista svedese o milanese oppure una nonna (!!!!! e ho detto tutto), ti fai un’ora di fila a guardare quelle api operaie dei pizzaioli di Calvino (la cucina è proprio dietro il bancone delle ordinazioni, si vede tutto e non si fermano mai!) e resisti, resisti e aspetti perché questa pizzeria, datata 1946, li vale tutti i minuti di vita che stai buttando nell’attesa.
Se decidi di mangiare “in sala” ti addentri in un corridoio disadorno su cui si affacciano le ex stanzette delle prostitute, grandi 4×2, dove ti accomoderai insieme a tutti quelli che riescono ad infilare lì dentro e aspetterai la tua pizza seduto al tuo bel tavolino spartano, posto a mezzo metro da un altro (pieno of course) e con una comitiva caciarona appoggiata alle spalle. Le stanze sono comunicanti, attraverso fessure strette ricavate nei muri, quindi se la comitiva è in un’altra stanzetta non conta, te la godrai comunque. Fai attenzione a non gesticolare troppo dentro le fessure per indicare, qualche sconosciuto potrebbe acchiapparti la mano per divertirsi e farti venire il cuore a nocciolina (provato). E’ un gran casino mangiare qui e non è il posto più elegante della città, lo so, ma se se l’accollano così tanti un motivo ci sarà, riflettete ragazzi.
Consigli: in estate sopratutto prenota. Prenota anche se la pizza vuoi mangiatela fuori per non rischiare una crisi di claustrofobia e portatela alle Mura di Tramontana che sono a pochi metri da lì e sono sul mare. Se stai a Trapani per poco puoi unire due belle esperienze in una, magari tre se prendi la pizza tipica trapanese, la rianata!

La pizza più buona di Trapani la rianata a sinistra

La pizza più buona di Trapani, la rianata! (a sinistra)

2. La gelateria Liparoti. Un bel giorno Giovanni mi dice “Ho mangiato un gelato alla mela verde buonissimo“.
Sì, ok.
A una che non mangia gelato da anni cosa può importare? A me il gelato non piace, i dolci danno più soddisfazione, lo mangiavo da piccola e ora non lo mangio più. Però io prima di dire no assaggio sempre per fortuna e mela verde non è usuale, se sperimento una cucchiaiata di certo non muoio.
Ecco. La curiosità ammazza il gatto e rovina le mangione, che adesso stanno recuperando tutti i gelati persi negli anni in un’unica estate.
Quasi ogni sera si va lì in pellegrinaggio, alle undici, alle dodici, all’una di notte, non importa, quelli poverini chiudono alle tre! Il colpo di fulmine è stato il gelato alla banana. Di che colore è il gelato alla banana? Eh? Eh? Bianco? Risposta sbagliata! Il vero gelato alla banana è GRIGIO!!! perché la banana si ossida. Il gelato alla mela verde è un po’ granuloso come le mele vere, quello ai fichi ha i semini, è denso e buono e basta per favore. Il tripudio vero sono quelli alla frutta, che a volte ci sono e a volte non ci sono perché se la frutta non è di stagione allora loro non la usano. Giovanni è a lutto perché non ci sono mele verdi buone ad agosto e quindi non lo fanno. Mi hanno convertito anche alle granite. Il passaparola turistico al riguardo vi indicherà un altro posto, in pieno centro storico a Trapani, famosissimo. Io in verità non capisco questa fama, forse tanti anni fa era bravo oppure non c’erano alternative, non so, ma davvero non reggono il confronto. Sarà che quella è più vecchia e questa è più recente, che per un trapanese spiegare in inglese ad un turista dove si trova il Viale delle Sirene è più difficile che dire dove si trova l’altro, non lo so davvero, ma io da qui non mi stacco più. Qua le granite sono degne di tale nome, così buone io le ho mangiate solo a Messina e poi niente più, crema non ghiaccio e pezzettoni di frutta ovunque. Il mix più buono è mandorla e gelsi. Ragazzi, goduria pura! Purtroppo ad ottobre chiuderanno i battenti per la pausa invernale ma Giovanni li atturra (gli frulla il cervello insomma) facendo opera di persuasione per poter mangiare mela verde anche in inverno. Avete tempo fino ad ottobre per ora, ne vale la pena, anche perché è al centro storico, vicino al mare e nel decimo mese dell’anno il tempo è ancora accettabile e loro sono gentilissimi e categorici sulla genuinità degli ingredienti, quindi se vostro figlio cerca il gusto “puffo” cascate male ma almeno può assaggiare un vero gusto fragola! 🙂 (Rileggendo quello che ho scritto sembra uno spot pubblicitario, però caspita, se una cosa è buona è buona, mica posso dire che è cattiva per dare soddisfazione agli scettici, provare per credere)

La granita più buona che ci sia mandorle e gelsi da Liparoti a Trapani

La granita più buona che ci sia, mandorle e gelsi *_*

3. La pasticceria di Maria Grammatico. Questo non è a Trapani bensì ad Erice, per cui se lo studente fuori sede torna ci va quando capita ma se finisce ad Erice ci va di sicuro. E’ piccolissima ma giusto ieri leggevo che nel 2013 ha festeggiato i 50 anni di attività. Anche qua meditate sempre sul possibile perché. D’estate Erice è brutta secondo me, troppa gente, tutti turisti e qua si riempie in un baleno, ci sono quattro tavoli contati e un balconcino minuscolo, con un solo tavolo, ideale per sfuggire alla calca davanti al bancone. Fanno sorridere i turisti che accarezzano i panetti di pasta di mandorle in vendita, questo la mamma (una mamma “pacinziusa” ovviamente, che perde tempo a farti una frutta martorana come si deve) te lo fa, il problema dell’abitudine è sempre quello, devi incontrare uno di fuori per comprendere la bellezza, la bontà e la particolarità di ciò che ti circonda. La pasticceria è famosa per questo, i dolci di mandorla. Fanno anche delle buone crostate. Forse sono buone anche le loro marmellate. Se ti va ti puoi prendere magari il caffè. Ma in verità il motivo per cui gli autoctoni, sopratutto loro, vanno lì sono le GENOVESI!!!! La pasticceria è ancora più famosa per queste. Dischi di frolla morbidissima ripiena di crema gialla calda e spolverate di zucchero a velo. C’è chi ti vende la versione finta con la ricotta, non male ma come quella alla crema nessuna mai e loro che sono seri non la fanno! Erice d’estate è brutta ma se capiti lì una genovese te la mangi, anche se devi sgomitare tra la folla, anche se è calda. Se però hai la bellissima idea di salire ad Erice in autunno o in inverno e farti un giro per il paesino fantasma, in mezzo alla nebbia e il freddo, quando arrivi alla pasticceria ti senti come la Piccola Fiammiferaia salvata, salvata dalle genovesi calde della signora Maria, in pasticceria non c’è un cane ma tu ormai sei qua e una venuta ad Erice senza mangiarle è una visita a metà.

4. Ristorante “Antichi Sapori”. ecco questa è una licenza sul post che mi prendo io, non ci vanno gli studenti in trasferta ma tanti trapanesi sì. Gli studenti non ci vanno perché è più facile trovare una mamma che perda cinque ore di tempo per farti il “cùscusu” e poi perché in verità il ristorante non è amico dello studente universitario come idea in generale, ma se vieni a Trapani e vuoi mangiare il pesce e sopratutto il cùscusu qui caschi benissimo. A Trapani ci sono tanti ristoranti, anche buoni, ma questo finora non ha mai avuto una pecca, né come cibo né come personale, sempre veloci, sempre gentili, sempre presenti, se qualche volta hanno una giornata storta non lo danno mai a vedere perché sono sempre perfetti. Anche qui è sempre pieno e dovete attendere parecchio, in estate e in inverno. Non azzardatevi a chiedere il menù turistico! (più per motivi di decenza culinaria che per il prezzo, i costi sono nella media). Anche questo è vicino al centro storico, l’unica pecca forse sono solo i dolci, nella norma direi, nulla di indimenticabile, ma qui non ci vai per questo e poi Liparoti è a due passi, quelli che devi fare in ogni caso per digerire la cena pantagruelica che fai qua.

Una pizzeria, un ristorante, una gelateria e una pasticceria. Sembra l’inizio di una barzelletta strana ma se decidi di venire a Trapani direi che questi sono posti dove non ti vai a svenare e resti soddisfatto. In più sono tutti in luoghi bellissimi, ad Erice e al centro storico di Trapani, ti ho preparato il menù per un terzo di un possibile week end qui in pratica. Ci sono anche altri posti validi ovviamente ma questi secondo me sono quelli che non deludono mai 🙂

Se vuoi darmi dei suggerimenti o chiedermi qualcosa sull’articolo, puoi scrivermi a : fioredinespula@gmail.com
Se vuoi dormire al Belveliero e puoi scrivere a : bebilveliero@gmail.com (aggiungi la parola d’ordine FIORE nella email! 😉 )