Come trovare marito in Sicilia

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La scorsa settimana in Italia era San Faustino, ma in buona parte del mondo era “Il giorno dopo quel disastro di San Valentino” la giornata autodedicatasi di tutti gli spaiati, oggi modernamente chiamati single.

Single imperterriti e convinti, single per scelta degli altri, single che non si ricordano più perché sono single, single che finalmente sono single e single che odiano tutti quelli che non sono single perché pensano di esser single solo loro.

E poi ci sono le zitelle.

Tutta una categoria a parte di signorine che vorrebbero trovare un bravo picciotto, sistemato, graziuso e travagghino (Maria di Trapani docet) con cui metter su famiglia ma che, ohibò, son sfortunate (brutte) e quando sei sfortunata l’unica cosa da fare è quella, andare in chiesa a pregare Sant’Onofrio.

Secondo la leggenda Sant’Onofrio era figlio del re persiano Teodoro ma alla sua nascita un demonio disse che era il frutto di una relazione adultera della regina. Poiché fu sottoposto alla prova del fuoco uscendone indenne, diedero ragione al demonio. Ben presto Onofrio decise di allontanarsi dall’umanità e fare l’eremita nel deserto egiziano vestito solo di un foliage a perizoma, in povertà e intensa religiosità.

A Palermo Sant’Onofrio ha il titolo di nientepopodimeno che patrono secondario e nel 1568 gli fu dedicata una chiesetta, in Via Panneria (la via dei panni, perché una volta era piena di fabbriche che producevano indovinate voi cosa). E’ una chiesa giustamente molto modesta con qualche stucco e qualche pittura dedicate tutte al santo su cui spiccano due opere, un quadro dipinto da Giuseppe Salerno detto “Lo zoppo di Gangi” e una scultura di legno bruttarella opera del “Cieco di Palermo“, tutte raffiguranti Sant’Onofrio detto “Pilusu“, Peloso, per via della lunga barba.

Questa chiesa pare una barzelletta, lo so, eppure Sant’Onofrio tutt’ora viene pregato perché ha il potere di far trovare marito alle zitelle! Una volta ( e forse pure ora ma magari non ve lo dicono) si eseguiva un preciso rito sciamanico per fare arrivare questa benedetta anima gemella. Ogni sera, per nove giorni di seguito, si doveva recitare tra una preghiera e l’altra una filastrocca fatta apposta per chiedere la grazia a Sant’Onofrio , che probabilmente si rovinò quando la prima di queste matte trovò effettivamente qualcuno a cui mettere il cappio. Mentre si recitava la filastrocca si doveva mettere una monetina da due centesimi nella serratura di una porta qualsiasi. Se fosse caduta la richiesta era esaudita!

Sant’Onofrio a quanto pare è miracoloso pure per quelli che hanno perso qualcosa e per gli studenti che devono dare esami, perché con un’altra filastrocca il santo ti fa tornare la memoria! 😀

Seriamente, anche se in Sicilia esistono Facebook e Whatsapp, il computer e la Play Station, per certe cose rimane un luogo ancora arcaico perduto in questo Occidente disincantato dove trovi qualcuno che ha ancora fiducia nella magia.

Anche questo è il suo fascino e se non fa niente di male a nessuno non può diventare la sua condanna. Io non credo a queste cose e nemmeno a tante altre. Quando sento i discorsi di gente laureata e “normale” parlare con tenerezza di certi riti e dire che funzionano, senza nessun fanatismo ma con la fiducia cieca in cose imperscrutabili alla ragione, io con la ragione non riesco a capire come possano convivere in modo così fluido due modus vivendi tanto distanti. Eppure, con il cuore, non riesco nemmeno a disprezzarli, lo accetto e basta e trovo confortante vedere che gli umani non perdono sempre la loro umanità e come riescano a trovare i loro riti rassicuranti, un po’ infantili, talvolta primitivi, a volte personalissimi e altre, come in questo caso, di una tradizione di cui non si conosce più il tempo.

Decidete un po’ voi, io intanto il rito per pregare Sant’Onofrio ve l’ho detto ma vi lascio anche le parole del poeta Kahlil Gibran:

“Non crediate di guidare il corso dell’amore, poiché l’amore, se vi trova degni, guiderà lui il vostro corso”

Buona fortuna 🙂

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Ma Palermo è sicura? In tanti anni che ci ho vissuto non ho mai scattato una foto a questa città. Perché mi “scantavo“. Un post dedicato alla ricerca della libertà di camminare per strada!

One of the biggest trees in Italy, the Ficus of Giardino Garibaldi in Palermo

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Inizio a scrivere questo post un giorno prima. Ho lasciato la casa in cui vivevo a Palermo da due mesi e adesso sono costretta a tornarci solo per sventolare un bollettino delle tasse ad una segretaria sturduta dell’Ateneo forse più grande ma di sicuro più disorganizzato dell’isola, altrimenti non posso dare l’esame. No, niente fax e no, nemmeno una email…e se non rispondono al telefono non è perché li scelgono senza quel dito opponibile che ci ha fatto fare il balzo evolutivo ma per la lagnusìa che fa andare la burocrazia di queste parti alla velocità del bradipo, che il dito opponibile non ce l’ha per davvero, non fa lo stesso una beata ma almeno mezza giustificazione lui l’ha trovata. Aggiusteranno tutto in due minuti ma io per arrivare lì dovrò farmi due ore di autobus all’andata e due al ritorno, per non contare quelle perse in fila davanti all’unico sportello aperto di venti.

Dato che mi faranno perdere la giornata non tornerò subito e farò una cosa che in tanti anni in questa città non ho fatto mai. Andrò in giro con una macchina fotografica.

Non l’ho mai fatto perché mi “scantavo, mi spaventavo.

Quante volte passeggiando avrei voluta averla con me, a Palermo ci sono tante cose belle, solite e insolite, e poi lo sapevo che il mio tempo qua non sarebbe stato infinito e questa città per me è importante, la memoria mi gioca brutti scherzi, l’età non aiuta e io non voglio dimenticare, io Palermo me la vorrei sempre guardare e riguardare anche se il mio tempo lì, almeno per ora, è terminato. Non ho una sola foto di Palermo, quella che vivevo e manco quella turistica, perché ero terrorizzata, fantasticavo foto e scene, ma la macchina restava ben chiusa nella sua borsa a casa. La mia macchina fotografica non è preziosa, è una piccola reflex con un fondo di bottiglia avvitato, ma è una delle poche cose che ho comprato solo per me con i miei soldi. Non sono molte le cose che mi piacciono ma al momento di comprare non ne ricordavo mai nessuna e spendevo soldi per gli altri. Ero sempre al verde quando mi ritornava la memoria ma l’importante è essere contenta, quindi niente rimpianti. Sono poche le felici intuizioni che ho avuto su come farmi un regalo più concreto: qualche biglietto aereo low cost per Roma e questa piccola Canon Eos 1000D con un pezzo di vetro 18-55mm. Io la adoro. E’ la mia piccolina, la mia amata, la mia riserva di ricordi e piccole soddisfazioni, che me la faccio scippare dal primo ragazzetto che se la venderà per duecento euro dopo aver gettato la memory card piena di 500 paesaggi, 480 sfocati e 20 no, e di mia nipote sdentata e spettinata in compagnia di un My Little Pony diverso in ogni foto in un tombino? Non scherziamo.

Quando mi iscrissi all’università le mie future coinquiline, già rodate da un anno, mi avevano dipinto scenari da sicilian far west, indimenticabile fra tutti il monito “Non camminare vicino ai portoni altrimenti ti tirano dentro quando meno te lo aspetti!“. Non uscivamo mai tutte e quattro (QUATTRO!!! avete letto bene) se non c’era un ragazzo con noi (quello che, in teoria, avrebbe dovuto difenderci da una rapina a mano armata o quantomeno beccarsi cavallerescamente le botte a nome di tutto il gruppo). Una addirittura diventò isterica quando mi vide sollevare il cappuccio della felpa sulla testa prima di uscire. Aveva subìto una rapina al supermercato dove hanno prezzi da studente universitario, cioè da vera rapina, e il ladro avvicinandosi alla cassa si era alzato il cappuccio per coprire il viso. Per evitare gli scippi ‘Non metterti i soldi nel portafogli quando sei già per strada, fallo in negozio’.

Boh.

Quando rimasi sola per la prima volta non uscii di casa alle sette di sera per prendere il pullman perché ero troppo spaventata dal buio e dalla strada, mi sembravano tutti dei delinquenti, mi vedevo rapinata e sgozzata sotto un albero quindi rimasi sola a casa a dormire una notte in più. Con tre giri di chiave sopra e sotto e il ferro tirato. I miei colleghi (ma sempre ragazzi stranamente) spesso venivano fermati e derubati ed erano semplicemente terrorizzati, io quando arrivavo con i soldi per stare tutta la settimana li nascondevo in una cucitura interna dei jeans fatta apposta. Un mio amico invece non veniva mai fermato, sapeva parlare in un palermitano da pelle d’oca, una cantilena forte e incomprensibile, dove per dire ‘cosa’ apri la bocca quanto un forno e ti esce un ‘cuoasa‘, e andava in giro con una felpa nera e il cappuccio tirato sugli occhi, che pareva più delinquente di certi ceffi che giravano da quelle parti. La zona universitaria era, è, così. Questa si intreccia tanto con la zona turistica più accessibile perché più vicino alla Stazione Centrale, quella del triangolo della Cattedrale, via Maqueda e la Kalsa. Praticamente è sorta in una zona abbastanza degradata di Palermo, anche se decisamente non la peggiore.

Non mi è successo mai nulla.

Palermo è leoparda e ti ritrovi un caffé dall’aspetto molto parigino accanto al panellaro lordo e gli universitari camminano tra bambini neri, ragazzi pakistani e signore cinesi e girando l’angolo si ritrovano faccia a faccia con le sopracciglia depilate dell’eroe neomelodico palermitano del momento e schivano gruppi di turisti dalla pelle decisamente provata dall’insolazione.

Un giorno mi ritrovai a girare un video musicale in via Bara all’Olivella. Una volta questa strada era un piccolo Bronx pieno di immondizia e facce poco rassicuranti, ora, visto che è l’unica via da cui si vede un fotogenico scorcio del Teatro Massimo, è piena di negozietti per turisti, ristoranti, tavolini e ombrelloni, che lo scorcio non te lo fanno vedere più. Ma almeno una cosa bella in questa strada c’è, il teatro dei Pupi di Mimmo Cuticchio.
Ci girammo un video dicevo, c’erano diverse migliaia di euro tra obiettivi, sliders e reflex e tra i curiosi e i negozianti ormai diventati nostri compagni di lavoro, era immancabile la raccomandazione ‘Occhio ai motorini‘ (qua c’è gente che ruba).
Non rubarono nulla e l’attenzione fu quella normale, niente paranoie isteriche, si doveva comunque lavorare.

Non sono mai stata rapinata né rapita e camminavo tranquillamente vicino ai portoni però quella di mettere il resto nel portafogli prima di uscire in strada è un’abitudine che continuo a conservare,quando si può, è buona un po’ ovunque secondo me. A volte qualche ragazzo ti ‘sconcica‘ per strada e ti sussurra complimenti ma basta tirare dritto come i cavalli col paraocchi e ignorarli. Sono tornata anche sola a casa, anche al buio ma sempre quando ancora un po’ di gente c’era, lavoratori di ritorno per cena, e sono viva e senza nessuna brutta esperienza da raccontare. Sono tornata anche i bici da sola a mezzanotte, da palazzo Pantelleria al Policlinico, con il terrore che mi serrava la gola, perché non si sa mai. Non mi hanno mai fermato anche se i pochi passanti mi guardavano come una matta.

Una volta un mio amico romano, Favetta, venne a trovarmi a Palermo. Il suo albergo era in pieno Ballarò e io andai a trovarlo in bici. Dopo una serata a ballare tango in zone molto degradate dietro la Chiesa di San Domenico, che la notte si accendevano di arte e bellezza in qualche piccolo locale, ci facemmo una passeggiata per tornare a casa, io , lui e la bici accanto. ‘Dai corri a casa che sei sola e con la bici, io vedo di trovare la strada per l’albergo, proverò a tagliare di qua, in linea d’aria credo che l’albergo sia vicino, sicuramente arriveremo nello stesso momento. Dai, vai. Io: ‘Favetta, con la bici ho fatto avanti e indietro tante volte. E’ vero che non erano le due come stasera ma con la bicicletta vado veloce, non è come andare a piedi e ho una catena bella pesante, una voce da anatra squillante e nessuna remora ad usarle (sopratutto la catena). Per quanto possa sembrarti strano è più facile che fermino te che sei un uomo solo che me che sono una ragazza (mia personale statistica), con quella faccia poi!‘ Quale faccia? Immaginatevi Woody Allen, con i baffi alla Giangiacomo Feltrinelli però, che vorrebbe essere figo come Serpico ma è broccolo e dolce come Maurizio Nichetti….ma che lo mollavo lì da solo? Di amici ne ho pochi ma buoni, meglio conservarli…e menomale, altrimenti sarei ancora lì a cercarlo nel secondo centro storico più grande d’Europa, in trenta minuti di passeggiata, seguendo le sue indicazioni stavo quasi per perdermi pure io, ci avevano fermato barboni e punkabbestia e un vecchietto insonne ci aveva pure chiesto le sigarette…affacciato dal balcone al secondo piano, già aveva mollato il panaro. Ma siamo ancora vivi e felicemente non traumatizzati.

Ho visto tanti turisti camminare con le macchine fotografiche appese al collo, tranquilli e sorridenti ma ho anche sentito dire di molti scippi…

…allora questa Palermo è sicura o no?

Ci sono tante persone, tanti stranieri e un po’ di delinquenti autoctoni. Come in tutte le grandi città.
E’ sicura? Più di Londra e New York certamente, più di Oslo a quanto pare, se vi accollate di andare lì perché non a Palermo? Fuori da questa città c’è chi è convinto che ci siano sparatorie per strada e che la vita valga quanto un pacchetto di sigarette,a Trapani ci sono ragazze convinte che ti rapiscano nascosti nel buio dei portoni ma è un’immagine troppo distorta. In realtà le regole per stare bene qui sono quelle del buonsenso, ma valgono ovunque ci siano più di 100.000 abitanti. La microcriminalità è diffusa qui ma la mattina c’è tantissima gente e turisti e studenti girano tranquillamente, anche con macchine fotografiche appese al collo e se vi trovate in difficoltà e cacciate un urlo non dico che si girano in duemila come ai Fori Imperiali ma in duecento sì e allora siete salvi, ma bisogna proprio essere sfortunati per trovarsi nella necessità di farlo.
La sera da soli è più pericolosa. Non sfidate la fortuna, io l’ho fatto tante volte per stretta necessità e anche se non mi è successo mai nulla forse sono stata davvero fortunata, quindi se siete almeno in due è sempre meglio, se siete soli non vi succede nulla (sempre se avete l’accortezza di frequentare strade principali e illuminate e con almeno qualche persona anche se è tardi) ma in due almeno non vi fate tutta la strada terrorizzati e ve la godete di più. Siate attenti ma nella misura giusta. La zona della Magione è quella più delicata dopo il tramonto per chi è solo secondo me, perché fuori dal quadrato luminoso di qualche locale diventa più deserta e isolata, ma via Roma/Maqueda e la Cattedrale non vanno sottovalutate la sera. Non voglio fare terrorismo, a me non è successo nulla, bisogna solo essere un po’ accorti , senza paranoie, Palermo è abbastanza sicura ma è pur sempre una grande città. Certo se ve ne andate a Brancaccio lì mi spaventerei pure in pieno giorno ma giusto giusto lì dovete finire? Da vedere che io sappia non c’è nulla.

E visto che tutti girano con la macchina fotografica senza problemi perché Anna ti spaventi? Perché sono pur sempre un essere umano e a volte mi faccio lavare il cervello dagli altri e dai loro timori e viene anche a me la paura di essere stata solo fortunata per dieci anni interi, giusto pochi giorni fa pure il fiore d’argento di Santa Rosalia si sono rubato, che poverina solo quello aveva, si dice ‘W Palermo e Santa Rosalia’, finora pensavo che ai palermitani non importasse nulla di Palermo ma manco la Santuzza si è salvata, come mi salvo io?

…che camurrìa, basta, tiriamo fuori questa benedetta macchina allora, ben appesa al collo, rilassata, senza problemi. Ed ecco le prime foto di Palermo, alla Kalsa e a Casa Professa, foto timide e pietose, era la prima volta e non mi è successo niente! Me la tenevo al collo sopra lo zaino che mi ero messa al contrario, tutto davanti come un neonato, per appoggiarmi le braccia e riposare, per fare foto e per poter rendere più difficile uno scippo, di zaino e reflex. Lo scanto mi stava passando e stavo per prenderci gusto a Casa Professa, clic clic clic, quante cose ora posso immortalare e rivedere, Palermo io ti amo e ti voglio avere sempre con me. Mi facevi paura e non volevo uscire. Sono uscita sola e ho visto tante cose e di te non mi spavento più (non troppo almeno). Mi facevi paura e non volevo prendere la bici anche se lo facevano tutti. L’ho presa e sono sempre tornata a casa con lei e ora non mi spavento più (perchê so scegliere i posti giusti dove nasconderla). Tutti ti fotografavano, anche se venivano per dieci giorni soltanto e io in dieci anni ho avuto paura e ora ti immortalo e inizio da Casa Professa clicliclic cacchio si è spenta! Ho dimenticato di caricare la batteria!

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Metti un weekend con Federico III ed Eleonora d’Angiò ad Erice. Tra comparse e schermidori adesso è davvero Medioevo!

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Sì un weekend, non un paio d’ore come fanno tutti.

Primo tentativo sabato scorso di sera: viaggetto in funivia, cena in un ristorante ericino troppo buono, si fanno le 22, sentiamo in lontananza i tamburi e cerchiamo di dirigerci verso il tam tam.

Niente, sono passati e hanno finito.

Incrociamo una ragazza in tunica mentre a noi stanno cadendo le mani per il freddo e niente, il corteo con i mangiatori di fuoco passerà tra non meno di mezz’ora ma intanto possiamo provare al castello che ancora qualcosa la fanno, ci sono gli stands e uno spettacolo teatrale. Andiamo!

…e dopo una giornata a menarla mica aspettano noi, quelli stanno sbaraccando tutto. Mentre gli altri si tolgono i costumi noi riusciamo a raccattare un bicchiere di Inzolia, con libera offerta, versato da una brocca di maiolica, che fa tanto scena, e da un oste medievale, che fa ancora più scena.

Ehi un momento! ritorniamo in piazza! La ragazza ha detto che ci sono i mangiatori di fuoco. Si ritorna in piazza allora, vabbè secondo te non troviamo lo spettacolo già finito e la fiumana di gente che ha visto tutto e commenta?

Di questo “incontro” c’è rimasta solo la visione di drappi broccati svolazzanti per le strade principali 😦 ‘Amore, facciamo un giro tra stradine piccine picciò mentre tu guardi i cortili e io mi ammiro i batacchi’, e dopo un quarto d’ora, sconfitti dal freddo (in realtà Giovanni): “Tesoro, torniamo a casina”.

Fine Primo Round.

A proposito, è la FedEricina, una manifestazione medievale per ricordare la venuta ad Erice di Federico III e di sua moglie Eleonora d’Angiò durante i Vespri Siciliani. E’ il primo anno che la fanno e ha richiamato diversi gruppi di suonatori, figuranti e schermidori da tutta la Sicilia.

Sor Federico...

Sor Federico…

...e la Sora Eleonora

…e la Sora Eleonora

Secondo Round.

Due giorni dopo , Festa della Repubblica. Giovanni inaspettatamente libero, tempo che minaccia pioggia ‘Tesoro dove vuoi andare?‘… ma per una volta che fanno una cosa figa vuoi che non si ritorni? Tanto piove e alle saline non si apprezza bene con i nuvoloni, torniamo a Erice!

Evviva!!!! Il corteo c’è, c’è, c’è ancora! Ci arriviamo per il rotto della cuffia come al solito nostro, ma ci arriviamo.

E’ il raduno dei “cortei Storici di Sicilia” e li becchiamo durante la sfilata verso Porta di Trapani, sulla strada principale, direzione il Real Duomo. E’ una sfilata che dà soddisfazione perché è davvero lunga, ma non troppo e puoi godertela abbastanza senza annoiarti. Inoltre la strada, Corso Vittorio Emanuele, non è che sia grandissima, quindi potevamo ammirare l’imponente lavoro di sartoria e volendo avere pure la sfacciataggine di toccarlo, tanto eravamo vicini. Tra perle, ricami e cotte metalliche sembra di essere nella versione (molto) educanda del Trono di Spade.

Federico ed Eleonora nella mia versione (più carini)

Federico ed Eleonora nella mia versione (più carini)

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Sembrano le Tre Marie del panettone! :D

Sembrano le Tre Marie del panettone! 😀

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Cosa si ricorda? La venuta di Federico III e di Eleonora d’Angiò a Erice durante i Vespri Siciliani, nel XIII secolo. Ma come, Erice è così antica? Beh se pensate che qui si parla dei primi insediamenti nell’VIII secolo a.C. praticamente Federico è venuto ieri. Senza voler annoiare nessuno con una lezione di Storia (magari un’altra volta), i Vespri furono una rivolta dei siciliani che non volevano essere dominati dai francesi e chiesero aiuto agli Aragona. I siciliani chiesero a Federico III di diventare il loro re e fu ufficialmente eletto dal Parlamento siciliano, un Parlamento all’avanguardia, in anticipo anche su quello inglese, visto che vi faceva parte anche una rappresentanza cittadina che poteva partecipare all’elaborazione delle leggi (almeno sulla carta). Insomma Federico accettò e non si spostò più dalla Sicilia, ma se la girò in lungo e in largo e arrivò anche ad Erice, per poter continuare la guerra contro i francesi e contro Napoli.

Se aguzzate la vista vedrete la bandiera della Sicilia, nata proprio in occasione dei Vespri!

Se aguzzate la vista vedrete la bandiera della Sicilia, nata proprio in occasione dei Vespri!

La torre accanto al Duomo infatti era una torre di avvistamento, poi riciclata in campanile. Anche il Duomo fu fatto costruire da Federico, come ringraziamento per l’ospitalità, peccato che per farlo fece usare pezzi dell’antico Tempio di Venere e infatti dicono che si possono vedere delle croci egizie molto più antiche (“dicono” perché io ci sono entrata solo una volta e non me la ricordo molto bene, quindi con la scusa del blog mi segno una seconda visita e poi vi dirò 😉 ). Il Duomo in realtà serviva anche a mettere tante pietre sopra il culto di Venere non ancora scomparso del tutto.

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C'è pure il monaco, tiè :D

C’è pure il monaco, tiè 😀

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Dentro non è più come l’originale, e un giorno faccio una scappata e ve la mostro, è in stile neo-gotico ed è tutta bianca, sembra fatta di panna montata, poi capirete il perché!

Dicevo, Federico qui ci arrivò con la moglie, ‘a Signura Eleonora, di cui si sa poco e niente visto che, anche se regina, sempre donna era e quindi chisseneimporta. Mah. Però si sa che la fecero sposare a dieci anni con un coetaneo e annullarono il matrimonio per la giovane età degli sposi (eh!). In compenso non fu considerata troppo giovane a 12 anni per sposare Federico e mettere in cantiere due anni dopo il primo dei nove real pupi. Non so quanto potrebbe interessarvi questo ma il gossip è sempre meno fuffoso delle date dei Vespri direi.

In realtà della FedEricina ho poco da dirvi perché nonostante la scelta di una data a prova di solleone e di nubifragio, quel giorno ci siamo beccati pioggia assuppaviddani (letteralmente ‘inzuppa contadini’, pioggerella sottile sottile che non distoglieva i contadini dal lavoro, per cui alla lunga si bagnavano) e un vento che giusto a Cime Tempestose, quindi niente spettacoli di fuoco e tantomeno sbandieratori! In compenso ci siamo visti una bella danza e sopratutto un duello di scherma medievale, con spade da 8 kg l’una. Se non fosse stato per le antenne sui tetti, con tutti i figuranti intorno, sarebbe sembrato davvero il XIII secolo e noi ce lo siamo goduto dalle scale del Duomo, mentre la gente fuggiva per gli schiaffi del vento.

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Non ho resistito :)

Non ho resistito 🙂

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Peccato per i loro sforzi ma bello per noi perché se ci fosse stato bel tempo qui sarebbe stato strapieno e a me sinceramente non piace. Erice è bella girarsela quando c’è poca gente e cammini per le strade silenziose e puoi guardare dentro una chiesa sconsacrata dalle fessure del portone. Ve la sconsiglio decisamente in estate, dovreste sgomitare, letteralmente, e non vedreste nulla.
Ad un certo punto pure noi siamo fuggiti e ci siamo messi a passeggiare per le stradine terziarie e i cortili. Senza la mini (per fortuna) confusione durante la sfilata, paradossalmente si apprezzava di più l’atmosfera medievale, ma il tocco di colore delle ragazze in costume non stava male 🙂

Fioriiiiiiiiiiiii :)

Fioriiiiiiiiiiiii 🙂

Tempo brutto, ragazzo carino ;)

Tempo brutto, ragazzo carino 😉

Mentre infilavamo la testa nei cortili abbiamo perfino chiesto ad un vecchietto di farci ammirare il suo, uno dei più belli di Erice a detta sua, ma questo ve lo dico un’altra volta!

Se vuoi darmi dei suggerimenti o chiedermi qualcosa sull’articolo, puoi scrivermi a : fioredinespula@gmail.com
Se vuoi dormire al Belveliero e poi andarti a fare un giro ad Erice puoi scrivere a : bebilveliero@gmail.com (aggiungi la parola d’ordine FIORE nella email! 😉 )