Siamo arrivati di nuovo a quel periodo in cui è difficile vivere i giorni (per noi). Ti alzi e ti corichi e dentro la giornata sei riuscita a infilare così tanta roba che tra la mattina e la sera sembra sia passata una settimana.
La famigerata Estate è tornata O_O
Sempre uguale, almeno lei. Gente al mare, città torrida, turisti ustionati, tanti bambini in libertà, Giovanni schizzato con il lavoro 😀 . Eppure non è come quando scrissi “Storia di due amanti in fuga“, quando per me era davvero una fuga e la ricerca della natura, del mare, del trekking che sfinisce, degli spazi aperti, era per far raffreddare il cervello pressato da un’iperattività pensatoria e pipponi esistenziali. Il mio era l’esatto opposto del problema di Alice, che non rifletteva prima di agire, ma lo sconforto e la paralisi erano gli stessi. Capitano anche questi periodi.
Ho scattato queste foto a San Vito Lo Capo, di domenica, il giorno del solstizio d’estate. San Vito è la meta estiva per eccellenza nel lato ovest dell’isola, perché c’è un bel mare azzurro e la sabbia borotalco e il paesino è carino anche se a misura di turista. Da metà maggio tutti cominciano ad andare al mare a San Vito. Intendiamoci, qua non dobbiamo cercare il mare bello con il lanternino ma per alcuni San Vito fa figo. Non so dirvi se sia davvero la spiaggia più bella. Dipende da quello che cerchi. E’ pieno di negozietti tourist chic e ti sa proprio di un luogo da vacanza estiva, gremito di gente rilassata, in ciabatte e copricostume, è davvero pieno così, decisamente non un posto per misantropi. A me a volte piace, di solito no, dipende dall’umore ma sopratutto dal periodo. Vi siete mai domandati perché tutte le foto scattate sulla spiaggia di San Vito sono belle? Perché non c’è un solo essere umano e vedi solo una lunga spiaggia caraibica vuota. Non andateci a Luglio e Agosto, è perlopiù una brodaglia umana.
Quest’anno è un’estate diversa perché qualche mese fa ho scelto. Non ho definito tutto e non so come sarà ma ho cominciato a svuotare il cervello dai pensieri perché quando devi fare ordine in una stanza e riempirla di cose utili e belle, è meglio svuotarla del tutto. Lì per lì ti sembra di aver aumentato il caos e ti viene il panico perché ora che hai uscito tutto devi mettere ordine per forza, la stanza vuota non può stare e qualcosa di buono da conservare ci sarà pure tra quelle che hai messo sottosopra. Ma almeno scegliere ti toglie la paura peggiore, quella di “rassegnarsi a una vita di quieta disperazione” per dirla alla Thoreau, e sbracciarsi non da il tempo di pentirsene.
L’estate quest’anno ha un’anima più leggera anche se è faticosa e qualche volta mi sento un po’ sfigata a guardare le turiste abbronzate con lo chignon scomposto, perfetto come sulle riviste. Ma solo io sembro scappata da casa? Per fortuna dopo tre minuti rientro in modalità formica laboriosa in mezzo alle cicale, a fine stagione da qualche parte si arriverà.
Anche la meta di questo solstizio è un po’ fuori dal coro perché siamo andati a San Vito, ma fuori dal paese, tra le brulle terre che lo circondano. Non c’è nulla, solo una luuuunga spiaggia circondata da sterpaglie bruciate, qualche zabbara qua e là e il Monte Monaco sopra ogni cosa e le nuvole sopra il Monte Monaco. Quando ci vai alle sei del pomeriggio l’aria è ancora calda e sonnolenta e qualcuno torna dal mare in bicicletta. In realtà non tutto il paesaggio è incontaminato e selvatico perché mentre cercavamo di raggiungere la tonnara del Secco ci siamo ritrovati con il bel panorama di una, boh, segheria? dietro ma almeno non c’era nessuno, giusto una specie di faro con la porta smeraldo piantato su uno sperone roccioso e qualche pianta di cappero tormentata dal vento. La segheria non è bella ma il silenzio e la salsedine in faccia sì.
Alla fine l’abbiamo trovata la tonnara vicino San Vito. E’ una costruzione che non finisce mai, con un molo dove si erano radunati bagnanti alternativi e flora ammucchiata a caso. Era l’ultimo giorno del Ciuffi Ciuffi Fest, che ho capito essere un couchsurfing festival, con tanto trekking, arrampicate, snorkeling e biondazzi anglofoni. La tonnara non se la fila nessuno. Una volta si poteva entrare, ora sta crollando e quindi hanno vietato l’accesso. Giovanni quando vede costruzioni abbandonate sente odore di cose vecchie e belle e comincia a sbirciare e io dietro di lui sfidando quelle str…eghe delle zanzare tigri. Non c’è nulla, solo quattro enormi reti abbandonate tra le alghe secche che riescono comunque a mandare in estasi Dolce Metà 😀
Reti grosse e fitte di canapa, abbastanza robuste per tenere la furia di centinaia di tonni accompagnati nella camera della morte. Neanche Ercole, da solo, sarebbe riuscito a tirarle fuori dal mare una volta piene d’acqua eppure si faceva, fino a cinquant’anni fa. Mentre facevo strage di zanzare e Giovanni studiava un piano per prendersi le reti di nessuno, un pescatore incantava due romani con racconti di mattanza. Forse qualche volta ritornano nei luoghi familiari oppure c’è un buon punto, nei dintorni, per pescare qualche pesciolino. Se passando di lì vedete un vecchietto con la canottiera azzurra e la pelle cotta, fermatelo, magari è stato tonnaroto e vi fa passare un’ora diversa.
Alla fine ce ne andiamo, senza reti, inseguendo lo zzzz dell’elettricità che corre nei cavi, perché qua non si sente nient’altro per strada. Si va in paese, nell’ora del tramonto, quando tutti si fanno la doccia dopo essere tornati dal mare e in giro ci sono solo camerieri davanti ai locali, in attesa dell’apertura delle danze, e famiglie sedute fuori, davanti la porta di casa, perché a quest’ora che c’è da fare? Dentro fa caldo, cucinare dà noia e il tempo si deve passare. Qui paesani e turisti convivono come due fiumi paralleli, ci sono i negozi di gioielli in corallo e parei e ristoranti, a volte costosi, e poi ci sono le nonne, che comprano la frutta nelle botteghe e indossano le tappine Inblu, sedute sulle sedie di plastica davanti alla porta.
Bentornata Estate!
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