Ma Palermo è sicura? In tanti anni che ci ho vissuto non ho mai scattato una foto a questa città. Perché mi “scantavo“. Un post dedicato alla ricerca della libertà di camminare per strada!

One of the biggest trees in Italy, the Ficus of Giardino Garibaldi in Palermo

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Inizio a scrivere questo post un giorno prima. Ho lasciato la casa in cui vivevo a Palermo da due mesi e adesso sono costretta a tornarci solo per sventolare un bollettino delle tasse ad una segretaria sturduta dell’Ateneo forse più grande ma di sicuro più disorganizzato dell’isola, altrimenti non posso dare l’esame. No, niente fax e no, nemmeno una email…e se non rispondono al telefono non è perché li scelgono senza quel dito opponibile che ci ha fatto fare il balzo evolutivo ma per la lagnusìa che fa andare la burocrazia di queste parti alla velocità del bradipo, che il dito opponibile non ce l’ha per davvero, non fa lo stesso una beata ma almeno mezza giustificazione lui l’ha trovata. Aggiusteranno tutto in due minuti ma io per arrivare lì dovrò farmi due ore di autobus all’andata e due al ritorno, per non contare quelle perse in fila davanti all’unico sportello aperto di venti.

Dato che mi faranno perdere la giornata non tornerò subito e farò una cosa che in tanti anni in questa città non ho fatto mai. Andrò in giro con una macchina fotografica.

Non l’ho mai fatto perché mi “scantavo, mi spaventavo.

Quante volte passeggiando avrei voluta averla con me, a Palermo ci sono tante cose belle, solite e insolite, e poi lo sapevo che il mio tempo qua non sarebbe stato infinito e questa città per me è importante, la memoria mi gioca brutti scherzi, l’età non aiuta e io non voglio dimenticare, io Palermo me la vorrei sempre guardare e riguardare anche se il mio tempo lì, almeno per ora, è terminato. Non ho una sola foto di Palermo, quella che vivevo e manco quella turistica, perché ero terrorizzata, fantasticavo foto e scene, ma la macchina restava ben chiusa nella sua borsa a casa. La mia macchina fotografica non è preziosa, è una piccola reflex con un fondo di bottiglia avvitato, ma è una delle poche cose che ho comprato solo per me con i miei soldi. Non sono molte le cose che mi piacciono ma al momento di comprare non ne ricordavo mai nessuna e spendevo soldi per gli altri. Ero sempre al verde quando mi ritornava la memoria ma l’importante è essere contenta, quindi niente rimpianti. Sono poche le felici intuizioni che ho avuto su come farmi un regalo più concreto: qualche biglietto aereo low cost per Roma e questa piccola Canon Eos 1000D con un pezzo di vetro 18-55mm. Io la adoro. E’ la mia piccolina, la mia amata, la mia riserva di ricordi e piccole soddisfazioni, che me la faccio scippare dal primo ragazzetto che se la venderà per duecento euro dopo aver gettato la memory card piena di 500 paesaggi, 480 sfocati e 20 no, e di mia nipote sdentata e spettinata in compagnia di un My Little Pony diverso in ogni foto in un tombino? Non scherziamo.

Quando mi iscrissi all’università le mie future coinquiline, già rodate da un anno, mi avevano dipinto scenari da sicilian far west, indimenticabile fra tutti il monito “Non camminare vicino ai portoni altrimenti ti tirano dentro quando meno te lo aspetti!“. Non uscivamo mai tutte e quattro (QUATTRO!!! avete letto bene) se non c’era un ragazzo con noi (quello che, in teoria, avrebbe dovuto difenderci da una rapina a mano armata o quantomeno beccarsi cavallerescamente le botte a nome di tutto il gruppo). Una addirittura diventò isterica quando mi vide sollevare il cappuccio della felpa sulla testa prima di uscire. Aveva subìto una rapina al supermercato dove hanno prezzi da studente universitario, cioè da vera rapina, e il ladro avvicinandosi alla cassa si era alzato il cappuccio per coprire il viso. Per evitare gli scippi ‘Non metterti i soldi nel portafogli quando sei già per strada, fallo in negozio’.

Boh.

Quando rimasi sola per la prima volta non uscii di casa alle sette di sera per prendere il pullman perché ero troppo spaventata dal buio e dalla strada, mi sembravano tutti dei delinquenti, mi vedevo rapinata e sgozzata sotto un albero quindi rimasi sola a casa a dormire una notte in più. Con tre giri di chiave sopra e sotto e il ferro tirato. I miei colleghi (ma sempre ragazzi stranamente) spesso venivano fermati e derubati ed erano semplicemente terrorizzati, io quando arrivavo con i soldi per stare tutta la settimana li nascondevo in una cucitura interna dei jeans fatta apposta. Un mio amico invece non veniva mai fermato, sapeva parlare in un palermitano da pelle d’oca, una cantilena forte e incomprensibile, dove per dire ‘cosa’ apri la bocca quanto un forno e ti esce un ‘cuoasa‘, e andava in giro con una felpa nera e il cappuccio tirato sugli occhi, che pareva più delinquente di certi ceffi che giravano da quelle parti. La zona universitaria era, è, così. Questa si intreccia tanto con la zona turistica più accessibile perché più vicino alla Stazione Centrale, quella del triangolo della Cattedrale, via Maqueda e la Kalsa. Praticamente è sorta in una zona abbastanza degradata di Palermo, anche se decisamente non la peggiore.

Non mi è successo mai nulla.

Palermo è leoparda e ti ritrovi un caffé dall’aspetto molto parigino accanto al panellaro lordo e gli universitari camminano tra bambini neri, ragazzi pakistani e signore cinesi e girando l’angolo si ritrovano faccia a faccia con le sopracciglia depilate dell’eroe neomelodico palermitano del momento e schivano gruppi di turisti dalla pelle decisamente provata dall’insolazione.

Un giorno mi ritrovai a girare un video musicale in via Bara all’Olivella. Una volta questa strada era un piccolo Bronx pieno di immondizia e facce poco rassicuranti, ora, visto che è l’unica via da cui si vede un fotogenico scorcio del Teatro Massimo, è piena di negozietti per turisti, ristoranti, tavolini e ombrelloni, che lo scorcio non te lo fanno vedere più. Ma almeno una cosa bella in questa strada c’è, il teatro dei Pupi di Mimmo Cuticchio.
Ci girammo un video dicevo, c’erano diverse migliaia di euro tra obiettivi, sliders e reflex e tra i curiosi e i negozianti ormai diventati nostri compagni di lavoro, era immancabile la raccomandazione ‘Occhio ai motorini‘ (qua c’è gente che ruba).
Non rubarono nulla e l’attenzione fu quella normale, niente paranoie isteriche, si doveva comunque lavorare.

Non sono mai stata rapinata né rapita e camminavo tranquillamente vicino ai portoni però quella di mettere il resto nel portafogli prima di uscire in strada è un’abitudine che continuo a conservare,quando si può, è buona un po’ ovunque secondo me. A volte qualche ragazzo ti ‘sconcica‘ per strada e ti sussurra complimenti ma basta tirare dritto come i cavalli col paraocchi e ignorarli. Sono tornata anche sola a casa, anche al buio ma sempre quando ancora un po’ di gente c’era, lavoratori di ritorno per cena, e sono viva e senza nessuna brutta esperienza da raccontare. Sono tornata anche i bici da sola a mezzanotte, da palazzo Pantelleria al Policlinico, con il terrore che mi serrava la gola, perché non si sa mai. Non mi hanno mai fermato anche se i pochi passanti mi guardavano come una matta.

Una volta un mio amico romano, Favetta, venne a trovarmi a Palermo. Il suo albergo era in pieno Ballarò e io andai a trovarlo in bici. Dopo una serata a ballare tango in zone molto degradate dietro la Chiesa di San Domenico, che la notte si accendevano di arte e bellezza in qualche piccolo locale, ci facemmo una passeggiata per tornare a casa, io , lui e la bici accanto. ‘Dai corri a casa che sei sola e con la bici, io vedo di trovare la strada per l’albergo, proverò a tagliare di qua, in linea d’aria credo che l’albergo sia vicino, sicuramente arriveremo nello stesso momento. Dai, vai. Io: ‘Favetta, con la bici ho fatto avanti e indietro tante volte. E’ vero che non erano le due come stasera ma con la bicicletta vado veloce, non è come andare a piedi e ho una catena bella pesante, una voce da anatra squillante e nessuna remora ad usarle (sopratutto la catena). Per quanto possa sembrarti strano è più facile che fermino te che sei un uomo solo che me che sono una ragazza (mia personale statistica), con quella faccia poi!‘ Quale faccia? Immaginatevi Woody Allen, con i baffi alla Giangiacomo Feltrinelli però, che vorrebbe essere figo come Serpico ma è broccolo e dolce come Maurizio Nichetti….ma che lo mollavo lì da solo? Di amici ne ho pochi ma buoni, meglio conservarli…e menomale, altrimenti sarei ancora lì a cercarlo nel secondo centro storico più grande d’Europa, in trenta minuti di passeggiata, seguendo le sue indicazioni stavo quasi per perdermi pure io, ci avevano fermato barboni e punkabbestia e un vecchietto insonne ci aveva pure chiesto le sigarette…affacciato dal balcone al secondo piano, già aveva mollato il panaro. Ma siamo ancora vivi e felicemente non traumatizzati.

Ho visto tanti turisti camminare con le macchine fotografiche appese al collo, tranquilli e sorridenti ma ho anche sentito dire di molti scippi…

…allora questa Palermo è sicura o no?

Ci sono tante persone, tanti stranieri e un po’ di delinquenti autoctoni. Come in tutte le grandi città.
E’ sicura? Più di Londra e New York certamente, più di Oslo a quanto pare, se vi accollate di andare lì perché non a Palermo? Fuori da questa città c’è chi è convinto che ci siano sparatorie per strada e che la vita valga quanto un pacchetto di sigarette,a Trapani ci sono ragazze convinte che ti rapiscano nascosti nel buio dei portoni ma è un’immagine troppo distorta. In realtà le regole per stare bene qui sono quelle del buonsenso, ma valgono ovunque ci siano più di 100.000 abitanti. La microcriminalità è diffusa qui ma la mattina c’è tantissima gente e turisti e studenti girano tranquillamente, anche con macchine fotografiche appese al collo e se vi trovate in difficoltà e cacciate un urlo non dico che si girano in duemila come ai Fori Imperiali ma in duecento sì e allora siete salvi, ma bisogna proprio essere sfortunati per trovarsi nella necessità di farlo.
La sera da soli è più pericolosa. Non sfidate la fortuna, io l’ho fatto tante volte per stretta necessità e anche se non mi è successo mai nulla forse sono stata davvero fortunata, quindi se siete almeno in due è sempre meglio, se siete soli non vi succede nulla (sempre se avete l’accortezza di frequentare strade principali e illuminate e con almeno qualche persona anche se è tardi) ma in due almeno non vi fate tutta la strada terrorizzati e ve la godete di più. Siate attenti ma nella misura giusta. La zona della Magione è quella più delicata dopo il tramonto per chi è solo secondo me, perché fuori dal quadrato luminoso di qualche locale diventa più deserta e isolata, ma via Roma/Maqueda e la Cattedrale non vanno sottovalutate la sera. Non voglio fare terrorismo, a me non è successo nulla, bisogna solo essere un po’ accorti , senza paranoie, Palermo è abbastanza sicura ma è pur sempre una grande città. Certo se ve ne andate a Brancaccio lì mi spaventerei pure in pieno giorno ma giusto giusto lì dovete finire? Da vedere che io sappia non c’è nulla.

E visto che tutti girano con la macchina fotografica senza problemi perché Anna ti spaventi? Perché sono pur sempre un essere umano e a volte mi faccio lavare il cervello dagli altri e dai loro timori e viene anche a me la paura di essere stata solo fortunata per dieci anni interi, giusto pochi giorni fa pure il fiore d’argento di Santa Rosalia si sono rubato, che poverina solo quello aveva, si dice ‘W Palermo e Santa Rosalia’, finora pensavo che ai palermitani non importasse nulla di Palermo ma manco la Santuzza si è salvata, come mi salvo io?

…che camurrìa, basta, tiriamo fuori questa benedetta macchina allora, ben appesa al collo, rilassata, senza problemi. Ed ecco le prime foto di Palermo, alla Kalsa e a Casa Professa, foto timide e pietose, era la prima volta e non mi è successo niente! Me la tenevo al collo sopra lo zaino che mi ero messa al contrario, tutto davanti come un neonato, per appoggiarmi le braccia e riposare, per fare foto e per poter rendere più difficile uno scippo, di zaino e reflex. Lo scanto mi stava passando e stavo per prenderci gusto a Casa Professa, clic clic clic, quante cose ora posso immortalare e rivedere, Palermo io ti amo e ti voglio avere sempre con me. Mi facevi paura e non volevo uscire. Sono uscita sola e ho visto tante cose e di te non mi spavento più (non troppo almeno). Mi facevi paura e non volevo prendere la bici anche se lo facevano tutti. L’ho presa e sono sempre tornata a casa con lei e ora non mi spavento più (perchê so scegliere i posti giusti dove nasconderla). Tutti ti fotografavano, anche se venivano per dieci giorni soltanto e io in dieci anni ho avuto paura e ora ti immortalo e inizio da Casa Professa clicliclic cacchio si è spenta! Ho dimenticato di caricare la batteria!

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